Negli ultimi anni il grande regista e sceneggiatore Woody
Allen – 4 i premi Oscar al suo attivo per Io
e Annie, Hanna e le sue Sorelle e
Midnight in Paris – continua ad avere un’instancabile e costante vena
creativa che lo porta a realizzare un film dietro l’altro, con risultati
altalenanti: alcune pellicole si sono rivelate dei piccoli gioielli, altre non
sono riuscite a rendersi indimenticabili.
Café
Society, presentato in apertura fuori concorso al 69°
Festival di Cannes, è senza ombra di
dubbio uno dei suoi lavori recenti più riusciti, sembra infatti quasi di respirare
realmente un’aria magica di altri tempi, un’atmosfera retrò romantica e malinconica, e vi ritroviamo tutte le migliori tematiche
care al regista che ci regala un delizioso affresco degli anni ’30.
Bobby Dorfman (Jesse Eisenberg) è un giovane ebreo
che vive nel Bronx (dove è nato) con i genitori, Rose (Jeannie Berlin) e Marty
(Ken Stott). Della famiglia fanno parte anche il disinvolto fratello gangster
Ben (Corey Stoll), la protettiva sorella Evelyn (Sari Lennick) e suo marito,
l’intellettuale Leonard (Stephen Kunken). Bobby lascia New York per cercare
fortuna ad Hollywood, dove lo zio Phil (Steve Carell) è un potente produttore cinematografico
e può aiutarlo a trovare lavoro in quel mondo. Phil gli presenta anche la sua
segretaria, Vonnie (Kristen Stewart), di cui Bobby si innamora, ma la ragazza è
impegnata con un altro uomo. Bobby lascia dunque l’effimera Hollywood per tornare
a New York (allontanarsi dal proprio ambiente a volte fa capire che invece è
proprio quello il posto in cui ci si trova a proprio agio) dove inizia a
gestire, con successo, un night club insieme al fratello Ben entrando in
contatto con la Café Society. Qui
conosce la bella Veronica (Blake Lively) con cui si sposa, ma un giorno
incontra nuovamente Vonnie…
La storia forse non è particolarmente originale ma è
raccontata in modo divino. I film di Woody Allen sono infatti sempre
caratterizzati da dialoghi brillanti e ironici, frutto di una scrittura
perfetta. Alcune battute che il regista mette in bocca al protagonista
(ovviamente Bobby rappresenta un suo giovane alter ego) sono a dir poco disarmanti. C’è anche la voce fuori
campo (dello stesso Allen) che in alcuni momenti della pellicola racconta
l’evolversi delle vicende quasi si trattasse di una favola. Attraverso una
dolceamara storia d’amore emerge tutto il fascino del mondo di Hollywood che
però si rivela effimero ed illusorio, specie al confronto con la brillante e
mondana Café Society Newyorkese, fatta di scandali, cultura, e immancabile gusto
europeo.
Si tratta di una commedia romantica ma anche
profondamente malinconica e dal retrogusto amaro. La vita non sempre regala ciò
che desideri, a volte fai scelte sbagliate di cui poi ti penti, e allora non
rimane che sognare.
Meraviglioso l’accompagnamento musicale: la colonna
sonora è naturalmente jazz; le scenografie sono accurate e scintillanti ma
soprattutto merita di essere sottolineata la fotografia mozzafiato del nostro
Vittorio Storaro (premio Oscar per Apocalypse
Now, Reds e L’Ultimo Imperatore)
alla prima collaborazione con Woody Allen, che per la prima volta nella sua
carriera ha girato il film in digitale. L’immagine dei protagonisti sullo
sfondo di Central Park è da
cartolina.
Ottimo anche il cast: Jesse Eisenberg è
straordinario, riesce a reggere la maggior parte del film con la sua brillante
interpretazione; la bravura di Steve Carell, visti anche i progetti a cui ha
preso parte ultimamente, non può certo essere messa in discussione e lo
dimostra anche in un ruolo da non protagonista; Blake Lively è di una bellezza
incantevole e tiene la scena con la sua sola presenza; persino Kristen Stewart
riesce a recitare bene, mostrandosi convincente e abbandonando la sua solita
mancanza di espressività.
Café
Society, al cinema dal 29 settembre, è un film molto
godibile, da non perdere: ironico, romantico, nostalgico, ammaliante, che
riesce ad affascinare nel modo giusto l’anima dello spettatore.
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