Nel corso del Festival del nuovo cinema francese Rendez-Vous 2017 che si è tenuto a Roma
dal 5 al 9 aprile, abbiamo avuto il piacere di incontrare Rebecca Zlotowski, giovane
e affermata regista del film Planetarium
interpretato da Natalie Portman e Lily-Rose Depp, presentato a Venezia alla 73^
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica. Insieme alla regista era presente
in conferenza stampa anche l’affascinante attore francese Louis Garrel (The Dreamers – I sognatori, Mon roi – Il mio
re, Mal di pietre) che ha un ruolo secondario nella pellicola.
Sinossi
del film: Fine anni 30. Laura (Natalie Portman) e Kate
(Lily-Rose Depp) Barlow sono due sorelle americane che praticano sedute
spiritiche. A Parigi, durante il loro tour europeo, incontrano André Korben
(Emmanuel Salinger), un rinomato produttore cinematografico francese.
Visionario e controverso, Korben è il proprietario di uno dei più grandi
studios della Francia, dove produce film utilizzando costose tecniche
d'avanguardia. Benché scettico, Korben decide per gioco di sottoporsi ad una
seduta spiritica privata con le due ragazze. Profondamente colpito da questa
esperienza, offre alle sorelle ospitalità e stipula con loro un contratto allo
scopo di compiere un ambizioso esperimento: dirigere il primo vero film sull'esistenza
dei fantasmi. Ma Laura capisce ben presto che vi sono ragioni ben più oscure
che legano Korben a loro...
“Com’è
nata l’idea di questo film molto particolare?”
R. Zlotowski: “La
via che ha portato alla realizzazione di questo film è stata un sentiero
segreto. Volevo avere la possibilità di mettere gli attori del film in uno
stato di trance, di ipnosi, così è nato l’argomento dello spiritismo, l’idea di
due sorelle americane medium realmente esistite, infatti è basato su una storia
vera. A questo ho aggiunto l’ambientazione europea con la trama inserita negli
anni ’30, tra le due guerre, che ha portato il film alla logica del sogno”.
“Planetarium tratta anche il tema
dell’antisemitismo…”
R. Zlotowski: “Sì,
anch’io non ne posso più di affrontare questo argomento… il mio prossimo film
sarà una commedia! Quando abbiamo scritto il film in Francia c’è stata una
ripresa di antisemitismo, populismo, razzismo, un clima di inquietudine e
minaccia. Questo ci ha portato a scrivere un film ambientato negli anni ’30. A
cui abbiamo aggiunto l’aspetto del mondo del cinema per dare fascino dato che
trovo che l’antisemitismo sia un brutto storytelling”.
“Come
ha scelto le attrici protagoniste del film, Natalie Portman e Lily-Rose Depp?”
R. Zlotowski: “pensavo
di voler fare un film europeo sugli spiritismi e sul cinema ma subito ho
pensato a Natalie Portman come muro portante di questo film. Lei è stata
presente fin dall’inizio nel progetto. Ed è stata lei a farmi conoscere
Lily-Rose Depp, mi ha fatto vedere una sua foto, l’ha scelta lei come sua
sorella. Questa scelta ha segnato il film”.
“Una
frase del film recita: A volte bisogna
spegnere la luce per vedere qualcosa…”
R. Zlotowski: “Questa
frase richiama il concetto di camera oscura, un luogo meccanico. Per questo ho
pensato al titolo del film: bisogna immergersi in un luogo artificiale, un
Planetario, per vedere qualcosa di bello”.
“Planetarium è molto diverso dal film
precedente, Grand Central, come mai?”
R. Zlotowski: “Ho
lavorato con le stesse persone anche per questo film – direttore della fotografia,
montatore, sceneggiatore, musicista – e non ho avuto l’impressione di star
realizzando cose diverse. Puntavo a cogliere l’invisibilità, come cogliere i
fantasmi. Sono ossessionata sempre dagli stessi temi e questa volta ho
utilizzato gli strumenti degli anni ‘30”.
“Cosa
può dirci di Emmanuel Salinger?”
R. Zlotowski: “è
stato un grande attore di cinema, è stato l’attore dei primi film di Arnaud
Desplechin, ha fatto molto teatro ma negli ultimi 20 anni era scomparso. È uno
dei fantasmi del mio cinema. Questa parte è stata scritta proprio per lui e per
i suoi occhi. Ricompare nel mio film quasi come un fantasma. Fa teatro e fa
film, tutti sono anche registi nel mio film”.
“Nel
film l’illusione gioca un ruolo molto importante…”
R. Zlotowski: “Mi
affascina l’illusione, il suo potere, la amo! Amo il piacere dell’artificio che
dà speranza… arrivare alla verità attraverso l’artificio, immergerci per
sopportare la realtà”.
“Louis
Garrel, lei interpreta una scena molto divertente in cui il suo personaggio ha
un problema con l’alcool… lei beve vino?”
L. Garrel: “Mi
sta dando dell’alcolizzato? Io e Rebecca ci conosciamo da molti anni, credo che
lei abbia un’aggressività nascosta e per questo mi ha affidato la parte di un
alcolizzato (ride). Quando un
personaggio ha un ruolo piccolo bisogna caratterizzarlo dall’inizio altrimenti
si perde. Il mio personaggio beve e ha un piccolo cagnolino. Beve per
dimenticare. Il cane è quello di Natalie Portman e non è stato facile sul set”.
R. Zlotowski: “Louis
Garrel è uno dei più grandi attori comici francesi ma nessuno lo ha ancora
capito… lo vedrete nel suo prossimo film in uscita! E poi ha aggiunto una parte
di tenerezza in questo film. Lui non beve, io sì, e infatti mi sono
identificata nel personaggio (ride)”.
“Garrel,
come mai ha scelto di interpretare questo ruolo in un copione così difficile?”
L. Garrel: “Rebecca
me ne aveva parlato prima di scriverlo. Poi ho letto la sceneggiatura e ho
sentito un’inquietudine perché lei sembrava sapere tutto mentre i personaggi
erano ignari di ciò che sarebbe potuto accadere. Questo film è come un sogno
inquieto, impossibile da fissare. Sono come Matteo Renzi, prendo appunti. Amiamo
i film che raccontano la lavorazione di un film”.
R. Zlotowski: “Il mio obiettivo in quanto regista è di fare
dei film in cui lo spettatore si immerge completamente in un racconto. In questo
film ci sono dei personaggi che sono accecati dalla realtà che stanno vivendo:
Korben vede i fantasmi del suo futuro, la morte; Kate vede i fantasmi del
passato. Solo il personaggio di Natalie Portman vive nel presente perché non ha
il dono di vedere gli spiriti”.
L. Garrel (in italiano): “c’è poi il naturalismo che al cinema è diventato il linguaggio più
usato. In questo film invece si prende un’altra strada che va verso l’espressionismo,
come fa Paolo Sorrentino, una strada che il cinema non prende di frequente. Il film
precedente era più naturalistico, qui invece, fin dall’uso delle immagini, si
nota che la strada presa è diversa, più espressionista”.
“Planetarium
passa attraverso
diversi generi…”
R. Zlotowski: “Questa
è la domanda del film. La vera libertà è proporre un film che non sia
etichettato, fuori dalle etichette di film d’amore o film d’avventura ma
mischiare i vari generi come diceva Sidney Lumet in una totale libertà della
struttura narrativa. Tutto il film pone questa domanda e abbiamo cercato di
proteggere questa zona di mistero”.
“Nel film c’è una scena recitata in
yiddish, come mai questa scelta?”
R. Zlotowski: “L’idea
di inserire una scena con una lingua scomparsa, frutto di contaminazioni linguistiche,
per me era molto importante anche perché recitano due fantasmi. L’attore che interpreta
il padre di un personaggio… è mio padre: forse dovrei andare da uno
psicanalista! La scena è stata improvvisata, cosa molto rara per me, fino all’ultimo
non sapevo cosa avrebbe detto, poi l’idea è partita da un brano di Flaubert. Qui
siamo vicini a Via Veneto, è impossibile non pensare a 8 ½
di Federico Fellini, la scena in cui il padre torna alla tomba e il figlio gli
dice: Papà resta! Per me è stato importante che sia stato mio padre e sono
contenta di averlo ripreso prima che scomparisse”.
Planetarium
è
nelle nostre sale dal 13 aprile.
Nessun commento:
Posta un commento