Dopo aver rinverdito con successo i fasti del più
noto investigatore britannico con Sherlock
Holmes (2009) e Sherlock Holmes –
Gioco di ombre (2011) ma reduce dal flop del sottovalutato Operazione U.N.C.L.E. (2015) – che comunque
a noi non era dispiaciuto – Guy Ritchie decide di cimentarsi addirittura con la
leggenda di Re Artù, già innumerevoli volte portata sul grande schermo con
alterni risultati, naturalmente plasmandola a proprio piacimento per renderla
consona alle sue corde e al suo stile.
Il risultato è una rivisitazione dark della leggenda
che vira eccessivamente sul fantasy a tal punto da risultare spiazzante per lo
spettatore più tradizionalista. Concentrandosi principalmente sulla nascita del
mito, King Arthur – Il potere della spada
ne riscrive completamente la storia fin dalle origini.
Quando il re Uther (Eric Bana), padre del piccolo
Artù, viene assassinato da suo fratello Vortigern (Jude Law), il piccolo erede
riesce a fuggire e viene cresciuto in un bordello nella città di Londinium (una
sorta di antica Londra romano – medievale). Artù (Charlie Hunnam) cresce dunque
senza sapere nulla sulle sue origini, imparando a sopravvivere e a
destreggiarsi tra i pericolosi vicoli della città. Ma il crudele zio Voltigern
è alla sua continua ricerca, perché solo uccidere il legittimo re può far
dormire sonni tranquilli all’usurpatore, così obbliga tutti i giovani del regno
a provare ad estrarre la spada dalla roccia. Quando Artù riesce ad estrarre
Excalibur la sua vita cambia radicalmente, passa dalla parte dei ribelli e si
ritrova costretto, suo malgrado e con riluttanza, ad accettare l’eredità che
gli spetta di diritto.
Fin dal cupo prologo, con tanto di elefanti giganti
(più avanti vedremo anche un serpente di dimensioni sovrannaturali), capiamo
subito il taglio pesantemente fantasy dato dal regista a questa sua
rivisitazione moderna e irriverente del classico mito di Excalibur che
stravolge le vicende per come le conosciamo. Certo, va dato atto a Ritchie di
essersi assunto coraggiosamente un rischio non indifferente e di aver nell’insieme
mantenuto fede al suo stile creando un prodotto in un certo senso coerente e
ben riconoscibile. Eppure sono tante le cose che non convincono a partire dalla
difficoltà di conciliare i toni epici con quelli ironici che infatti spesso si trovano a stridere.
Innanzitutto, piuttosto che in un kolossal epico
sembra purtroppo di trovarsi dentro un immenso videogioco in 3D ricco di
effetti speciali, colpa anche del montaggio a tratti frenetico in stile
videoclip e a tratti rallentato con un uso eccessivo della slow motion. Aver stravolto completamente il personaggio di Artù,
reso spavaldo e sbruffone, una sorta di coatto di periferia, lo fa assomigliare
più a un Robin Hood versione dark che non all’erede di Camelot. Inoltre sono
fin troppi gli aspetti fantasy della pellicola che richiamano in maniera
evidente Il Signore degli Anelli e Lo Hobbit di Peter Jackson, ma anche Il Trono di Spade. Non manca una
massiccia componente action, parecchio rude, che avvicina King Arthur addirittura allo stile fracassone dei cinecomic.
Anche la recitazione passa quasi in secondo piano. L’unico
a lasciare il segno è Jude Law nel ruolo del villain; l’attore britannico dà a
Vortigern movenze che a tratti ricordano il suo Lenny Belardo/Pio XIII in The Young Pope. Hunnam non risulta particolarmente
incisivo e nessun altro del cast (Astrid Bergès-Frisbey, Djimon Hounsou, Aidan
Gillen, Katie McGrath, Tom Wu e persino un cameo dell’ex calciatore David Beckam) riesce ad emergere a
causa di una scrittura non approfondita dei personaggi secondari.
Segnaliamo invece l’ottimo lavoro di tutto il
comparto tecnico: dalle sontuose scenografie di Gemma Jackson (Neverland – Un sogno per la vita) alla
fotografia plumbea di John
Mathieson (Logan – The Wolverine). Discorso
a parte merita la colonna sonora di Daniel Pemberton (reduce dalle nomination
ai Golden Globe per la canzone originale di Gold
– La grande truffa e la colonna sonora di Steve Jobs): le musiche sono esageratamente presenti e martellanti
per sposarsi alla perfezione con i toni eccessivi, sotto tutti i punti di vista,
della pellicola, ma pur sembrando rock sono in realtà realizzate solo con
strumenti d’epoca; dettaglio che evidenzia l’accuratezza per i particolari.
Splendide le location naturali scelte per le riprese
che si sono svolte principalmente in Galles mentre alcune scene ambientate
nelle Terre Oscure (dove Artù viene inviato dalla Maga per la prova del fuoco
della sua origine) sono state girate in Scozia, nella splendida isola di Skye,
caratterizzata da paesaggi mozzafiato.
King
Artur – Il potere della spada, nelle nostre sale dal
10 maggio, è un prodotto di mero intrattenimento che prevede diversi sequel. Supponiamo
che molto dipenderà dai risultati al box office.
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