Inghilterra, 1925. L'ambizioso maggiore dell'esercito britannico Percy
Fawcett (Charlie Hunnan), su invito della Royal Society, parte per due
anni in Amazzonia, ai confini tra Brasile e Bolivia, per mappare un
territorio sino ad allora sconosciuto. Il ritrovamento di alcune
misteriose tracce lo convince, però, che nell'immensa foresta amazzonica
si nasconda una città nascosta, da lui rinominata Z.
Civiltà perduta ricostruisce, trasponendo un romanzo di David Grann, la storia vera
dell'esploratore britannico Percy Fawcett, ossessionato dall'idea di
ritrovare la misteriosa città di Z. Impavido, testardo e sognatore,
Fawcett sente l'impellente bisogno di soddisfare il suo richiamo
dell'ignoto, in un'epoca, quella delle grandi esplorazioni britanniche,
in cui molti uomini ambiziosi cercano il riscatto da un passato poco
lusinghiero o la fama per la scoperta più importante della storia. La
magia misteriosa e inquietante dell'Amazzonia, che può nascondere nella
sua fittissima vegetazione il segreto di una civiltà scomparsa, lo porta
a scontrarsi con lo scetticismo generale del popolo inglese, che non ha
mai creduto possibile l'esistenza di indios civilizzati.
Diciamolo subito, non è facile raccontare l'insondabile impulso umano verso l'ignoto, specie se calato in un contesto storico ben preciso. Il regista e sceneggiatore James Gray ci prova dipingendo decorosamente, e a tratti efficacemente, il personaggio di Fawcett: una specie di eroe tragico, che si lancia alla ricerca di un significato, sacrificando se stesso e i suoi affetti. Ma tra i personaggi del film, più che Fawcett, interpretato da un Charlie Hunnam che si impegna ma che risulta poco carismatico, il più riuscito è forse quello di sua moglie Nina, interpretato con convinzione da Sienna Miller: una donna sui generis, indipendente e coraggiosa, che si fa carico di un dolore altruistico e amorevole e di tutto ciò di cui il marito non si occupa.
Eppure il film,
nonostante sia tecnicamente ben fatto, non avvince, un po' a causa
della lunga durata, un po' perché non si entra mai nella psiche e
nell'animo di Fawcett. Chiaro che non ci si aspettasse Aguirre furore
di Dio, Fitzcarraldo o Apocalipse Now, ma la storia dell'ossessione
del protagonista è ben poco approfondita e Fawcett non affascina né
emoziona, né si riesce mai ad afferrare realmente la sua irresistibile
attrazione per quella giungla misteriosa.
Civiltà perduta è un film che ha l'ambizione da grande affresco, ma che in realtà resta freddo e limitato e procede in maniera piuttosto noiosa, mentre lo spettatore si aspetta, a torto, che accada qualcosa che attiri realmente la sua attenzione. Un po' come la ricerca del suo protagonista, che promette grandi scoperte e che in realtà non troverà mai quel che cerca. Rimangono alcune suggestive sequenze che mostrano lo splendore lussureggiante e selvaggio di una natura libera e immensa e qualche riuscito sprazzo action, come l'assedio dell'equipaggio di Fawcett da parte delle frecce indigene, mentre l'acqua sotto di loro è infestata dai piranha.
Dal 22 giugno al cinema.
Nessun commento:
Posta un commento