Sullo sfondo della Liberia devastata dalla guerra,
nasce l'amore tra il medico spagnolo Miguel Leon (Javier Bardem), impegnato in
una missione di aiuto sanitario, e la bella Wren Petersen (Charlize Theron),
che dirige una organizzazione umanitaria.
Sean Penn torna dietro la macchina da presa per girare una storia importante
che abbraccia circa 13 anni di storia dell'Africa, piegata da guerre barbare e
cruente, in cui gli unici angeli custodi sono i medici volontari, che fanno di
tutto per salvare vite umane. Una tematica di tragica attualità, che Penn cerca
di raccontare con la maggior completezza possibile, mettendo nel suo film
qualunque elemento che serva a descrivere le piaghe di una realtà fatta di
povertà, sangue e dolore. Certo, si nota che il regista, così come la sua
onnipresente protagonista, abbia molto a cuore la questione africana e che
l'intento sia quello di sensibilizzare, con ogni mezzo, il pubblico
occidentale.
Così facendo, però, il film inevitabilmente si ingolfa, poiché gli
avvenimenti narrati (e gli orrori mostrati) sono così tanti che si è stanchi
già dopo la prima ora, peraltro la meno riuscita e più noiosa del film.
Dove Il
tuo ultimo sguardo prende quota, nonostante le melensaggini e uno stile che a
volte ammicca a Malick, altre tende al patinato, è nella storia d'amore fra
Wren e Miguel, onestamente non banale e con alcuni momenti toccanti. Più che di
Javier Bardem, però, il film è di Charlize Theron, a cui la macchina da presa
di Penn non riesce proprio a non stare attaccato, insistendo sul suo splendido
volto e ponendola sempre al centro del quadro (uno dei motivi per cui il film è
stato parecchio criticato a Cannes). Sprecati, invece, i comprimari, Jean Reno
e Adèle Exarchopoulos, ottimi attori in ruoli piccolissimi e non certo essenziali
alla vicenda.
Ma veniamo alla sceneggiatura (Erin Dignam), forse l'aspetto più
controverso di Il tuo ultimo sguardo: la vicenda viene raccontata tramite la
voce off della protagonista, ma non c'è linearità narrativa, bensì
l'intersecarsi continuo di passato e presente, attraverso l'utilizzo di lunghi
flashback che ricordano la nascita dell'amore fra i due protagonisti.
Nella
(troppo) lunga durata del film (133'), la visione umanitaria che ne emerge è,
però, retorica e naif, a causa della scelta di mostrare solo africani gentili o
impietosi carnefici, escludendo i nativi (altro motivo di critica del film in
sede festivaliera). L'Africa di Il tuo ultimo sguardo appare, infatti, come una
gigantesca zona di guerra, in cui tutti i conflitti sono mescolati, parificati,
indistinti: c'è, inoltre, un certo voyeurismo nel mostrare le barbarie, che pur
se di indubbio impatto, specie in alcune sequenze choc, non aggiunge granché a
una vicenda già di per sé molto forte.
Tra i pregi del film c'è, però, la
scelta azzeccata delle location, dei costumi, delle scenografie, tesi a una
puntuale ricerca di autenticità, che era propria anche dei precedenti lavori da
regista di Penn.
Dal 29 giugno al cinema.
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