Nell'Ottocento inglese, la giovane Katherine (Florence Pugh) viene
venduta in moglie a un uomo molto più grande di lei, che la trascura e
la umilia. Ma durante una delle lunghe assenze del marito, la ragazza
inizia una relazione clandestina e passionale con un giovane stalliere
(Cosmo Jarvis), che ben presto diventa ossessione amorosa.
Ispirato ad
un racconto del russo Nikolaj Leskov, Lady Macbeth segna il debutto
alla regia di William Oldroyn, che stupisce sia per la forza delle
immagini messe in scena che per la perfetta caratterizzazione della
protagonista, interpretata sorprendentemente dalla britannica Florence
Pugh. Ignorata, umiliata e maltrattata dall'uomo che l'ha comprata in
sposa, Katherine diviene il doloroso emblema della condizione femminile
in un Ottocento cupo e violento.
La pittorica fotografia utilizza
candele e luci naturali, sfruttando abilmente l'asprezza della brughiera
inglese; mentre la regia alterna efficacemente riprese con la camera a
mano ed inquadrature fisse. La sceneggiatura è perfetta nel delineare
con credibilità il passaggio della protagonista da vittima ingenua e
repressa a dark lady sensuale e carnefice.
E se inizialmente non
possiamo che parteggiare per Katherine, le cui azioni, seppur terribili,
appaiono come legittimi e liberatori mezzi di difesa, in seguito
veniamo assaliti da un'inquietudine e da un timore crescenti per ciò che
potrà compiere il suo animo ormai corrotto. E il film ci getta nel
dubbio, rendendoci quasi incapaci di giudicarla, immersa com'è in un
mondo meschino, brutale e sopraffattore. A suo modo, infatti, Katherine
diventa un'oscura e perversa eroina che lotta per l'indipendenza e per
essere artefice del proprio destino, attraverso l'uso di una violenza
che diviene presto inarrestabile.
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