Per la prima volta al
cinema una delle più straordinarie rivalità sportive di tutti i tempi che ha
cambiato in modo indelebile la storia dello sport mondiale. Da una parte
l’algido e composto Bjorn Borg (Sverrir Gudnason), dall’altra l’irascibile e
sanguigno John McEnroe (Shia LaBeouf). Il primo desideroso di confermarsi re
incontrastato del tennis, il secondo determinato a spodestarlo.
Svelando la loro vita
fuori e dentro il campo, Borg McEnroe è il ritratto avvincente, intimo
ed emozionante di due indiscussi protagonisti della storia del tennis e il
racconto, epico, di una finale diventata leggenda: quella di Wimbledon del 1980,
considerata la partita più bella di sempre.
Presentato in anteprima in selezione ufficiale alla
Festa del Cinema di Roma, dove ha conquistato il premio del pubblico, Borg McEnroe dello svedese Janus Metz
Pedersen è una pellicola emozionante e carica di pathos che porta
magnificamente sul grande schermo una rivalità storica, un’epica partita di uno
sport da sempre considerato difficile da rendere cinematograficamente. Il tennis
diviene naturalmente anche una metafora di vita, come suggerisce fin da
subito la frase che apre la pellicola, tratta dall’autobiografia di un altro
grande campione, Andre Agassi: “Ogni
partita di tennis è una vita in miniatura”.
Il regista riesce a raccontare una delle più
appassionanti sfide tennistiche mai giocate, una rivalità (sul campo e fuori)
che ha fatto la storia di questo sport. Rivalità che ben si
prestava ad essere sottolineata dai media, come accadde in quel periodo, quando
i tennisti erano quasi delle rockstar.
Scavando a fondo nell’animo dei due campioni e nel
loro passato, grazie a numerosi flashback, ci rendiamo conto che Borg e McEnroe
non sono poi così diversi tra loro ma sono due facce della stessa medaglia. Opposto
è principalmente il modo di gestire e incanalare la tensione, con Borg che
appare glaciale (mentre interiormente è un vulcano pronto ad esplodere),
viceversa McEnroe è passato alla storia per i suoi scatti d’ira e il linguaggio
aggressivo nei confronti degli arbitri. Rivalità gonfiata dai media, dunque, che
vide scontrarsi i due tennisti ben 14 volte nel giro di pochi anni, con un
bilancio in perfetta parità, ma da cui nacque una grande amicizia.
Ottime le interpretazioni dei due protagonisti,
entrambi perfettamente credibili e in parte: bravo Shia LaBeouf a restituire
in maniera impeccabile i gesti e la mimica di McEnroe ma a sorprendere positivamente
è il poco conosciuto Sverrir Gudnason,
avvantaggiato da una netta somiglianza col campione svedese, che è in grado di trasmettere il turbinio di
emozioni dell’animo di Borg anche solo attraverso gli occhi e la fisicità. Senza
dubbio è Borg il vero protagonista della pellicola (del resto si tratta di una
produzione svedese), difatti il suo personaggio è psicologicamente più
approfondito. Nei flashback, da giovane, è addirittura interpretato dal figlio
di Borg, Leo, giovane tennista. Nel cast anche Stellan Skarsgard, nel ruolo
dell’allenatore di Borg.
Dopo aver indagato l’emotività
dei due grandi campioni, raccontato alcuni episodi del loro passato e fatto un
excursus sui singoli incontri di Wimbledon che portarono i due campioni a
scontrarsi in finale, Borg McEnroe raggiunge il suo climax proprio alla
fine, sul campo centrale, nell’intensissimo match che potrebbe portare Borg a
vincere il 5° titolo consecutivo o McEnroe a spodestare il re.
Pur sapendo il risultato
finale di questa tesa e splendida partita durata 5 set, abbiamo vissuto con
grande emozione ogni singolo scambio, ogni singolo punto o match point, grazie
all’incredibile montaggio, alla scelta delle inquadrature e alla ricostruzione
impeccabile, carica di pathos.
Borg McEnroe, al cinema dal 9 novembre con Lucky Red, è un film imperdibile
per chi ama il tennis, ma riesce ad appassionare anche chi non ha mai seguito
questo sport.
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