“Quest’uomo ha
allenato Batman, Obi-Wan Kenobi e Darth Vader. È stato anche Aslan e Zeus:
perché rapire proprio la sua famiglia?”
Frase “old but
gold”, associata a molte vignette sui social, ad evidenziare la trama di
fondo degli ultimi film di Liam Neeson, in particolare la trilogia di Taken. Vien da sé, dunque, che anche nel film L'uomo sul treno - The Commuter assistiamo
a qualcosa del genere ma, fortunatamente, l’essere ripetitivi non è sempre
sinonimo di scarsa qualità.
Michael McCauley (Liam Neeson) lavora per una
compagnia di assicurazioni e da dieci anni prende sempre lo stesso treno per
andare a lavoro a New York. Un tran tran ripetitivo e stressante ma per fortuna
non gli manca molto alla pensione… se non fosse che, in un giorno come un
altro, il principale gli comunica che è stato licenziato in tronco. Disperato,
non riesce a dire la verità a sua moglie per telefono e spera che il coraggio
sopraggiunga pian piano durante il viaggio di ritorno. E proprio all’inizio
della tratta, una donna attraente ed intelligente (Joanna/Vera Farmiga) attacca bottone con lui,
arrivando brevemente al punto.
Sembra che lo conosca fin troppo bene, per questo
gli propone un compenso di 100.000 dollari in cambio di un compito
investigativo: scoprire l’identità di una persona che non dovrebbe essere sul
treno e rivelarla a loro. Indeciso se si tratti di uno scherzo o di qualcosa di
pericoloso, Michael pensa di soprassedere, ma quando trova i primi soldi in bagno è
costretto a stare al loro gioco, anche perché, se non lo farà, la sua famiglia
finirà in pericolo. Comincia, dunque, questa caccia all’uomo e contro il tempo,
prima che il treno arrivi a destinazione. Michael, da ex detective, sa il fatto
suo, e conoscendo i volti di tutti i pendolari, pensa di riuscirci facilmente.
Ma non è affatto così…
Jaume Collet-Serra arriva a dirigere per la quarta
volta il celebre attore britannico candidato all’Oscar per Schindler's List, aggiungendo al classico “canovaccio alla Taken” un’ambientazione e un’atmosfera
degne di Assassinio sull’Orient Express
di Agatha Christie. Gran parte dei 105’ si svolgono sul treno, in cui si
vede il meglio del genere thriller, unito, quando è necessario, all’azione, in
cui Liam Neeson è come al solito protagonista anche se in maniera un po’
diversa.
Anche se possiede un fisico imponente da far invidia ancor oggi ad atleti decisamente più giovani, parliamo di un uomo di oltre 60 anni, e infatti in questo film è il suo stesso personaggio ad evidenziarlo. Non è più, dunque, l’imbattibile di una volta: arriva ad incassare qualche colpo di troppo (quindi chissà, stavolta Peter Griffin avrebbe vinto?), senza però mollare di un centimetro, deciso più di ogni altra cosa a salvare la sua famiglia.
Esordio positivo per Byron Willinger e Philip de
Blasi che con la loro sceneggiatura riescono a creare il giusto clima di
suspense, tipico dei migliori gialli, e a regalare al pubblico un Liam Neeson
uguale e diverso allo stesso tempo che, dal 25 gennaio, sarà nelle nostre sale,
grazie anche alla fedelissima e maestosa voce del suo doppiatore ufficiale,
Alessandro Rossi.
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