Made in Italy è
una tormentata dichiarazione d’amore all’Italia, raccontata con le parole e la
musica di Luciano Ligabue, attraverso lo sguardo di Riko (Stefano Accorsi), un
uomo onesto alle prese con una vita in cui tutto sembra essere diventato
improvvisamente precario: il lavoro, il futuro, i sentimenti. Ma se a volte rialzarsi non è facile, Riko ha scelto di non darla vinta al
tempo che corre: c'è una moglie (Sara/Kasia Smutniak) da riconquistare, ci sono
amici su cui contare e una casa da non vendere. Riko decide di mettersi in gioco e prendere finalmente in mano il suo destino.
Vent’anni dopo il grande successo ottenuto con Radiofreccia (vincitore di 3 David di Donatello,
sempre con Stefano Accorsi nel ruolo del protagonista) e a distanza di 16 anni
da Da zero a dieci, il cantante Luciano
Ligabue torna a cimentarsi dietro la macchina presa con Made in Italy che deriva dal suo concept album.
È lo stesso regista, in sede di conferenza stampa, a
spiegarci le sue motivazioni e la genesi del progetto: “Ho aspettato tutti
questi anni prima di fare di nuovo cinema perché volevo una storia che valesse
la pena di raccontare. Il progetto nasce, tra l’altro, da un’anomalia, dato che
al giorno d’oggi nessuno fa più un concept album… album che poi è diventato un
film in cui le stesse canzoni tornano per accompagnare alcune scene. Questo è un
film sentimentale: volevo raccontare un sentimento d’amore frustrato per il
nostro paese, un modo di sentire della gente normale, le brave persone, che
spesso non vengono rappresentate. Spesso accettiamo molte cose che non vanno,
senza alzare la voce. Ecco, ho voluto dare voce a queste persone. E in ogni
personaggio c’è qualcosa dei miei amici di una vita. Gli amici che mi porto
dietro dall’infanzia sono la realtà che frequento di più. Mi piaceva l’idea che
ci fosse la possibilità di dare loro voce perché non ne hanno quasi mai
occasione. Diventa difficile per persone che non alzano la voce, che non prevaricano,
che non urlano, ma che fanno, come dice ‘La
legge del furiere’, il loro dovere in silenzio, avere voce in capitolo. Alla
fine lascio l’interpretazione allo spettatore ma c’è un forte segnale di
speranza”.
Luciano Ligabue - Copyright © Silvia Sottile
E ancora Ligabue ci parla del suo protagonista,
Riko, e della paura del cambiamento: “Il cambiamento fa paura e in momenti come
questo, pieni di incertezze, hai ancora meno voglia di avventurarti nel
cambiamento. Però il cambiamento è il movimento naturale della vita, cambiamo
noi costantemente, cambia il nostro punto di vista, il nostro modo di guardare
le cose. Più che gli eventi, è come noi reagiamo agli eventi a produrre la nostra
realtà. Siamo dunque tendenzialmente resistenti al cambiamento. Riko e Sara
vivono una realtà consolidata per loro e questo a un certo punto fa sì che
arrivi un momento di crisi, in cui l’inquietudine di Riko gli fa vedere le cose
andare tutte strette, nonostante le abbia sempre amate. Ecco, Riko ha bisogno
di cambiare il punto di vista, di cambiare lo sguardo. Il film è proprio questo
tipo di percorso, quello che gli permetterà di cambiare lo sguardo sulle cose
che ha sempre avuto sotto mano”.
Stefano Accorsi - Copyright © Silvia Sottile
Gli fa eco Stefano Accorsi, che interpreta Riko, e
racconta il suo personaggio: “Questo film racconta una grande storia d’amore ma
racconta anche la vita. Riko è un uomo che ‘sta’, sta in questa sua vita. Ha vissuto
momenti diversi in questo paese e all’inizio lo troviamo in un momento di
crisi, in un momento difficile e probabilmente se ne vorrebbe anche andare ma poi
quella cosa che gli dice Carnevale (Fausto Maria Sciarappa, ndr) ‘Cambia te,
invece d’aspettare il cambiamento’ lo fa molto riflettere. Non succede nulla di
veramente eclatante nella vita di Riko, se non cose normali. Anche le più dure,
sono cose che succedono. È poi il suo modo di rapportarsi a queste cose, di
cambiare il suo punto di vista anche rispetto alla sua vita che fino a quel
momento gli era andata bene, ma in cui non riesce a trovare più una linfa, che
gli consente di rigenerarsi. Trovo molto raro mettere in scena questo tipo di persone,
raccontate in questo modo. Di solito si cercano sempre i cattivi o qualcosa di
straordinario, di fuori dall’ordinario, invece la cosa forte di questo film,
che ha permesso anche a noi di interpretare i personaggi in modo autentico, è
che c’è tanta verità”.
Kasia Smutniak - Copyright © Silvia Sottile
Kasia Smutniak parla del suo personaggio, Sara: “Mi
piace forza di Sara. La vita può portarti a perdersi ma lei è una donna risolta
che non ha paura di prendere delle decisioni”.
Infine Ligabue torna sul personaggio di Riko e sulla
perdita del lavoro in un’età in cui è difficile trovarne un altro: “Mi piaceva
poter raccontare di come una persona come Riko – non un’analisi sociale ma un’analisi
specifica – nel momento in cui perde il posto di lavoro, perde un proprio senso
profondo d’identità. Non è solo un discorso di non essere più utile in casa con
lo stipendio, è un discorso che ha a che fare col chi sei, con quanto fragile
diventi nel momento in cui perdi quel tipo di certezza, probabilmente un discorso
di utilità sociale o su come riempire le proprie giornate. Questa cosa mi
piaceva che portasse a una seconda crisi così profonda come quella che vive
Riko, cercando di essere il più specifici possibile. Io ricordo che con ‘Radiofreccia’
volevo far capire che stavamo raccontando la storia di una persona, a
Correggio, e del suo gruppo di amici, che è un po’ quello che succede in ‘Made
in Italy’, volevo far sentire la specificità del paese che raccontavamo, la
storia di uno solo. Invece l’aggettivo più usato per raccontare ‘Radiofreccia’ è
‘ritratto generazionale’. Io continuo a essere interessato in storie specifiche
che non per forza raccontano la storia di tutti. Però, se altri si riconoscono,
è chiaro che in quel caso si può dire che l’opera di fantasia ha funzionato”.
Made
in Italy è al cinema dal 25 gennaio con Medusa Film.
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