Garth Davis, regista del commovente Lion – La strada verso casa (2016),
porta sul grande schermo la controversa figura di Maria Maddalena. Per anni
considerata dalla Chiesa una prostituta, Maria di Magdala è stata solo di
recente riabilitata dalla religione cattolica che l’ha ufficialmente
riconosciuta come discepola di Gesù, proclamandola Apostola tra gli Apostoli, nonché
prima testimone della resurrezione di Cristo.
Maria
Maddalena è dunque un kolossal biblico che per la prima volta
non si focalizza sul Salvatore (protagonista, in ogni periodo storico, di
innumerevoli produzioni a tema religioso, da Gesù di Nazareth di Franco Zeffirelli a La Passione di Cristo di Mel Gibson, da L’ultima tentazione di Cristo di Martin Scorsese al musical Jesus Christ Superstar) ma mette al
centro l’enigmatica figura femminile di Maria di Magdala e il suo ruolo
centrale per la religione cristiana e la Chiesa.
Maria Maddalena (Rooney Mara) è una giovane donna
che non cerca la realizzazione nel matrimonio o nella maternità ma è dotata di
una forte carica spirituale. Maria abbandona la propria famiglia patriarcale e
il piccolo villaggio di pescatori in cui è nata per unirsi a un nuovo movimento.
Ispirata da Gesù di Nazareth (Joaquin Phoenix), dalla sua carismatica guida e
dai suoi insegnamenti, Maria si incammina con gli altri discepoli in un viaggio
verso Gerusalemme, ritrovandosi al centro del momento fondante del Cristianesimo.
Maria Maddalena porta alla luce un
personaggio unico e affascinante che ci conduce al cuore della più grande
storia dell’umanità.
Questo cambio di prospettiva che mette al centro la
Maddalena, la cui figura femminile diviene il fulcro della Chiesa Cristiana, ha
una valenza decisamente importante e simbolica in un momento di grande fermento
femminista. Bisogna ammettere che la prima parte della pellicola, che segue
esclusivamente questa giovane donna, indugiando spesso in intensi primi piani,
è affascinante e coinvolgente. Merito della regia ma anche (e soprattutto)
della splendida e bravissima Rooney Mara, misurata, eterea, perfetta per questa
versione spirituale di Maria Maddalena. Per quanto si cerchi di narrare sempre
e comunque la storia dal punto di vista femminile di Maria, diviene inevitabile
che l’attenzione venga catalizzata da Gesù nel momento in cui entra in scena. Molto
particolare la caratterizzazione che è stata fatta di questo personaggio decisamente
ingombrante, nonché difficile da interpretare senza scadere nel già visto. In questo
Joaquin Phoenix se la cava egregiamente, aiutato, come dicevamo, da un’originale
visione del Cristo in versione carismatico santone.
Tante sono, dunque, le differenze rispetto alla classica
narrazione degli ultimi giorni di vita di Gesù a cui siamo abituati. Chi si
aspetta che vengano riportati tutti i punti salienti, rimarrà deluso. Ma probabilmente
si tratta di una scelta precisa: non dimentichiamo che la protagonista di
questo lungometraggio è proprio la Maddalena, tutto ruota intorno alla sua
figura, alla sua spiritualità e al suo ruolo centrale nella comprensione del
messaggio di Cristo e nella diffusione della religione cristiana. Resta, tuttavia,
un appunto da fare: se partiamo dal presupposto che i Vangeli Canonici raccontano
una verità storica, ci sono non poche incongruenze che si fatica ad accettare.
Chi ne esce male è Pietro (Chiwetel Ejiofor),
ritratto come un uomo del tempo, eccessivamente maschilista, che non vede di
buon occhio la presenza di Maria, ne è addirittura geloso per il ruolo sempre
più importante che la donna assume agli occhi di Gesù. Interessante, invece,
per quanto sempre innovativa, la figura di Giuda (Tahar Rahim): gli autori
hanno voluto evitare la stilizzazione classica preferendo ritrarre l’uomo da un
punto di vista umano. Rassicuriamo, comunque, chi non ha digerito Il Codice Da Vinci di Dan Brown: la
Maddalena, in questo film (basato in parte sui Vangeli Apocrifi), non è la
sposa di Gesù.
Maria
Maddalena, per quanto storicamente controverso, è nel complesso
un film interessante che fornisce una nuova visione femminile e femminista, al
passo coi tempi, dunque. Purtroppo, però, le due ore di durata scorrono con incommensurabile
lentezza, rendendolo particolarmente pesante e sonnolento, decisamente ostico da
apprezzare. E la sceneggiatura non è così brillante da tenere desta l’attenzione,
tutt’altro.
Vengono in soccorso dello spettatore i paesaggi
mozzafiato, ulteriormente valorizzati dalla fotografia rarefatta di Greig Fraser
(Zero Dark Thirty, Foxcatcher, Lion,
Rogue One). Ricordiamo, oltretutto, che la pellicola è stata girata
interamente in Sud Italia, principalmente tra le montagne della Basilicata e i
Sassi di Matera. Ma sono state fatte riprese anche in Sicilia e in Campania (il
colonnato di Piazza del Plebiscito a Napoli diviene il Tempio di Gerusalemme).
Dal 15 marzo al cinema, distribuito da Universal
Pictures.
Nessun commento:
Posta un commento