Durante un’escursione tra
le nevi, Cory Lambert (Jeremy Renner), un cacciatore solitario, ritrova il corpo senza vita
della figlia di un suo caro amico. Mosso da un drammatico episodio
personale del suo passato, decide di aiutare la giovane agente dell’FBI Jane
Banner (Elizabeth Olsen) in una pericolosa caccia all’assassino. Nell’apparente
silenzio dei ghiacci si nasconde una sconvolgente verità.
Acclamato dalla critica
di tutto il mondo (meritatamente vincitore del premio per la Miglior Regia
all’ultimo Festival di Cannes, nella sezione Un Certain Regard), I
segreti di Wind River è scritto e diretto da Taylor Sheridan, già sceneggiatore degli ottimi Sicario (Denis
Villeneuve, 2015) e Hell or High Water (David Mackenzie, 2016) con cui
costituisce, a detta dello stesso regista, “una
trilogia tematica che esplora la moderna frontiera americana. Partendo dall’epidemia
di violenza lungo il confine messicano in Sicario e poi passando al divario tra
immensa ricchezza e povertà nella Comancheria del Texas in Hell or High Water, I
segreti di Wind River è il capitolo conclusivo di questa trilogia”.
Questa
volta ci troviamo nelle innevate montagne del Wyoming, nella riserva indiana di
Wind River, dove il gelo e la solitudine imbarbariscono gli animi, trasformando
gli uomini in bestie, e l’unica legge che conta è quella della natura. Per quanto
opera di fantasia, la storia è ispirata a fatti assolutamente reali, dati i
numerosi casi di giovani donne native americane stuprate e scomparse, pur
mancando, inspiegabilmente, statistiche ufficiali.
Impostato come un western
moderno, ambientato tra le silenziose nevi del Wyoming, tra predatori (animali
e “umani”) solitari o in gruppo, I segreti di Wind River è un thriller
teso e asciutto che vira magistralmente sul noir.
Impeccabile in fase di
scrittura, il film riesce a tenere alta la tensione narrativa per tutta la sua
durata (poco meno di due ore), lavorando non solo sulle scene d’azione e sullo
sviluppo dell’avvincente indagine (o meglio: “caccia all’uomo”) ma anche, se
non soprattutto, sulle sfaccettature psicologiche dei personaggi,
splendidamente caratterizzati e magistralmente interpretati. In tal modo emerge,
in tutta la sua drammatica e dolorosa chiarezza, la violenza bestiale che può
caratterizzare l’animo umano ma anche, all’opposto, un forte
legame di solidarietà e partecipazione al dolore, frutto di condivisione e
amicizia.
Meravigliosi paesaggi mozzafiato
e infinite distese di neve (bianca, candida e accecante, macchiata dal sangue
reale e da quello metaforico) fanno da sfondo a un dramma dalle forti tinte
noir, dove non c’è spazio per la morale, perché l’unico modo per sopravvivere è
scendere a patti con le rigide e impietose leggi della natura, nell’atavico
gioco di ruolo tra cacciatore e preda, vittima e predatore.
Concludiamo con le crude
ma veritiere parole di Taylor Sheridan:
“I segreti di Wind River esplora forse l’aspetto più tangibile della
frontiera americana e il più grande fallimento dell’America: la riserva dei
nativi americani. Da un punto di vista più intimo è lo studio di come un uomo
supera una tragedia senza mai porvi una vera fine. Da una prospettiva più
ampia, invece, è un approfondimento sulle conseguenze di com’è vivere in terre
dove non si sarebbe mai voluto abitare. È un luogo brutale, dove il paesaggio
stesso è un antagonista. È un luogo in cui la tossicodipendenza e gli omicidi
uccidono più del cancro, e lo stupro è considerato un rito di passaggio per le
ragazze per diventare donne. È un luogo in cui le leggi dello Stato lasciano
spazio alle leggi della natura. Nessun posto in Nord America è rimasto così
invariato nel secolo scorso e nessun posto in America ha sofferto tanto dei
cambiamenti che vi hanno avuto luogo”.
Dal 5 aprile al cinema,
distribuito da Leone Film Group ed Eagle Pictures.
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