Presentato con grande successo in Concorso al 71°
Festival di Cannes, dove il protagonista, Marcello Fonte, ha meritatamente
vinto la Palma d’Oro per la miglior interpretazione maschile, Dogman di Matteo Garrone è liberamente
ispirato al delitto del “Canaro della Magliana”, un caso efferato di cronaca
nera che sconvolse Roma nel 1988.
In una periferia sospesa tra metropoli e natura
selvaggia, dove l'unica legge sembra essere quella del più forte, Marcello
(Marcello Fonte) è un uomo piccolo e mite che divide le sue giornate tra il
lavoro nel suo modesto salone di toelettatura per cani, l'amore per la figlia
Alida (Alida Baldari Calabria), e un ambiguo rapporto di sudditanza con
Simoncino (Edoardo Pesce), un ex pugile violento che terrorizza l'intero
quartiere. Dopo l'ennesima sopraffazione, deciso a riaffermare la propria
dignità, Marcello immaginerà una vendetta dall'esito inaspettato.
Garrone riesce a dipingere con estremo realismo quella
realtà disagiata e di periferia, facendoci entrare prepotentemente in quella
spirale di violenza fisica e soprattutto psicologica in cui vive il
protagonista. Ci fa percorrere la sua escalation emotiva che da persona mite,
buona e dolce, lo porta, a furia di vessazioni che è costretto a subire, a un’esplosione
di violenza, a una vendetta consumata in cerca di riscatto, per riaffermare la
propria dignità.
La splendida fotografia cupa di Nicolaj Bruel,
riflesso di questa parabola umana, trasforma Castel Volturno (zona in cui sono
state effettuate le riprese) in un ritratto universale di dolente periferia suburbana.
Straordinaria l’interpretazione di Marcello Fonte che riesce a mettere nel suo
personaggio una tenerezza inaspettata. A fargli da contraltare, un bravissimo
Edoardo Pesce, fisicamente trasformato.
Dogman
è
un film potente che scava nell’animo del protagonista e dello spettatore. È un
film che entra dentro e attanaglia l’anima. Eppure c’è meno violenza del
previsto, perché Garrone non dà assolutamente spazio all’orrore macabro delle
cronache, ma lascia emergere principalmente i sentimenti di profonda umanità.
Concludiamo proprio con le parole del regista: “Dogman non è soltanto un film di vendetta,
anche se la vendetta (ma sarebbe meglio chiamarla riscatto) gioca un ruolo
importante, così come non è soltanto una variazione sul tema (eterno) della lotta
tra il debole e il forte. È invece un film che, seppure attraverso una storia ‘estrema’,
ci mette di fronte a qualcosa che riguarda tutti: le conseguenze delle scelte
che facciamo quotidianamente per sopravvivere, dei sì che diciamo e che ci
portano a non poter più dire di no, dello scarto tra chi siamo e chi pensiamo
di essere. In questo interrogarci nel profondo, nell’accostarsi alla perdita
dell’innocenza di un uomo, credo sia un film universale, “etico” e non
moralistico: anche per questo tengo molto a sottolineare la distanza dal fatto
di cronaca che lo ha soltanto liberamente ispirato. Tutto, a cominciare dai
luoghi, dai personaggi, dalle loro psicologie, è stato trasfigurato. Infine voglio
sottolineare l’importanza dell’incontro con il protagonista del film, Marcello
Fonte. La sua dolcezza e il suo volto antico hanno contribuito a chiarire
dentro di me come affrontare una materia così cupa e il personaggio che volevo
raccontare: un uomo che, nel tentativo di riscattarsi dopo una vita di
umiliazioni, si illude di aver liberato non solo se stesso, ma anche il proprio
quartiere e forse persino il mondo. Che invece rimane sempre uguale, e quasi
indifferente”.
Dogman
è
al cinema dal 17 maggio, distribuito da 01 Distribution. Un film da non
perdere.
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