Maria Guerra è un capitano dei Carabinieri, un
militare, ha la responsabilità della guida di un gruppo di uomini. Ma Maria
Guerra è anche una madre, una madre sola, che ha perso il marito in circostanze
drammatiche ed è costretta a crescere due figli da sola. Riccardo ha 9 anni, la
sorella maggiore, Luce, quasi 18, un’età nella quale le tensioni con la madre
si acuiscono. Per questo Maria decide di lasciare la grande città e accettare
il trasferimento, in provincia: decide di tornare indietro, da dove era partita
dieci anni prima, per cercare di andare avanti. E per scoprire, dieci anni
dopo, la verità sulla morte del marito.
Vanessa Incontrada dà vita ad un personaggio complesso,
un investigatore sui generis: sensibile ed energico, paziente ed empatico, ma
anche disperato, sempre sull’orlo di un possibile cedimento, eppure statuario
nella sua fermezza.
Il
capitano Maria è una produzione Palomar, in
collaborazione con Rai Fiction, prodotto da Carlo Degli Esposti e Nicola Serra
con Max Gusberti. Una serie tv in quattro puntate, in onda da lunedì 7 maggio, in
prima serata su Rai1.
Presentazione
Dopo dieci anni, Maria Guerra torna nella sua città,
un bellissimo porto del sud Italia, come capitano dei Carabinieri. Non è una
scelta di carriera. Questo tipo di incarico, per quanto di responsabilità, di
solito viene affidato a colleghi più giovani. A spingerla a lasciare Roma è
stata la sua primogenita, Luce, irrequieta e ribelle, finita in un giro di amicizie
sbagliate. Maria si è resa conto che sua figlia ha bisogno di lei, del suo
tempo e della sua guida. Si trasferisce con la speranza che la vita di un
comando di provincia le lasci finalmente il giusto spazio per fare la madre,
non solo di Luce, ma anche del suo secondogenito, Riccardo, di nove anni.
In realtà, anche se Maria non lo ammette nemmeno con
se stessa, c’è un altro motivo che la spinge a tornare: dieci anni prima, in
quella stessa città, suo marito, un magistrato del Tribunale dei Minori, ha
perso la vita. Un malore, mentre era in macchina con Luce, che ha causato un incidente
mortale. Maria non sa perché, ma dentro di sé quella morte non l’ha mai
accettata. Nonostante i referti, le perizie, le testimonianze ha sempre sentito
che dietro quella fine c’era qualcosa che le sfuggiva. Un dubbio, che nessuno,
però, ha mai condiviso con lei. Per gli altri le sue domande erano soltanto
l’ossessione di una giovane vedova che non accettava che la sua famiglia
andasse in frantumi.
Eppure, i propositi di Maria durano lo spazio di un
pensiero. Il suo primo giorno di lavoro vede pesare sulla città la minaccia di
un brutale attentato: Maria riesce ad evitare che si compia, ma da quel momento
capire cosa sia successo, quali siano le vere ragioni che hanno condotto alla
morte del marito e quali siano le oscure trame che si dipanano dietro la
facciata degli avvenimenti diventano la priorità del capitano. Maria si trova
ancora una volta stretta tra i suoi doveri di carabiniere e quelli di madre,
due vite troppo ingombranti e impegnative per poter lasciare il giusto spazio
l’una all’altra.
E invece, mentre indaga sull’attentato, Maria
lentamente rimette insieme i pezzi della sua vita.
A prezzo di fatica e di pericoli gravissimi per sé
ed i figli, ma anche grazie alla sua fantasia, alla sua umanità, e al suo
spirito di solidarietà, Maria diventa un punto di riferimento per la bellissima
città che le è stata affidata. Unire la perizia e l’esperienza di un ufficiale
dei carabinieri alla sensibilità di una donna fa la differenza. E tutti se ne
accorgono, per primi i criminali, impreparati ad affrontare un modo di vivere
la missione di carabiniere che è l’antitesi del sistema di potere e violenza in
cui credono. Così le indagini e i drammi privati si saldano e le risposte che
Maria e sua figlia Luce, presente alla morte del padre, hanno sempre cercato,
finalmente arrivano.
Note
di Regia
Il
capitano Maria è la storia di una donna. Non una super
eroina, ma una persona, una madre ed un ufficiale dei Carabinieri, chiamata a
svolgere un arduo, duplice compito, pubblico e privato: salvare i suoi due
figli, Luce, un’adolescente complicata e Riccardo, un bambino sensibile che ha
bisogno di lei e allo stesso tempo proteggere la città che le è stata affidata,
un bellissimo e travagliato porto del sud.
L’interprete ideale mi è apparsa da subito Vanessa
Incontrada, con cui avevo lavorato in La
classe degli asini un film tv su un’altra donna normale alle prese con un
compito speciale. Vanessa è un’attrice dotata di grandissima empatia, di naturalezza
estrema, capace di inserirsi e divenire il fulcro di un cast complesso, come
questo, composto di attori professionisti e non, di bambini e adulti delle più
varie estrazioni professionali. È stata l’anima di questa storia, ha dato
grazia e profondità al ruolo, ritagliandosi un personaggio che, per risolvere
gli enigmi che si trova a fronteggiare, usa, oltre ai metodi tecnici e
investigativi più moderni, un’arma speciale: il senso di umanità, la capacità
di comprendere la complessità dei sentimenti che deve indagare. Vuole portare
alla luce la verità, punire i colpevoli, ma soprattutto cambiare le cose e
guarire le ferite provocate dal male che è stato fatto.
Maria si trova ad affrontare una realtà criminale
cui è antitetica, in quanto ufficiale dei Carabinieri, ma ancora di più in
quanto donna. Il potere mafioso che domina la sua città è un mondo fatto da
uomini, profondamente maschile, nel senso più negativo. Un potere vecchio e in
crisi, ma proprio per questo ancora più pericoloso, che si è alleato con una
multinazionale che gestisce i traffici del porto con spietata disumanità. Un
potere incarnato dall’anziano boss Patriarca, e dai suoi figli, ma anche dallo
“Svedese”, un manager dalla misteriosa provenienza che usa la città di Maria
come terminale di una rete di traffici internazionali che non tollera intromissioni.
Alleata naturale del capitano nella sua guerra
contro questo potere vecchio e violento finisce per essere un’altra donna, una
giovane e misteriosa hacker, Annagreca Zara (interpretata da Camilla Diana),
che guida un gruppo di ragazzi ribelli, decisi a contrastare la minaccia
economico-criminale che assedia la città.
Dal punto di vista della regia ho cercato di
raccontare una storia piena di elementi realistici, scaturiti dalla cronaca di
questi anni della globalizzazione, con il linguaggio di un grande racconto
popolare, una cifra che potesse gettare uno sguardo oltre gli eventi, nel cuore
delle situazioni, nei loro risvolti psicologici e umani.
Quello del capitano Maria Guerra è un viaggio nei
segreti di una città, con la missione profonda di sanare il trauma della morte
di suo marito, morto anni prima in circostanze misteriose. Per coincidere con
quello della protagonista lo sguardo della macchina da presa doveva essere
umile, comprensivo, intimista, anche di fronte alle sequenze d’azione o alle
scene più drammatiche. Uno sguardo il più possibile pieno di innocenza, di
partecipazione. Che non vuole dire rinunziare a mettere in scena le brutture,
il male, anzi..., come si fa nelle favole, mostrandone, oltre quello pericoloso,
il lato grottesco, innaturale, malsano. Nei confronti di luoghi, personaggi,
situazioni abbiamo cercato di avere il rispetto, la semplicità di chi appunto
si appresta a raccontare una favola.
Credo che questa serie potesse essere girata solo in
Italia. Nessun altro paese avrebbe potuto offrire la varietà di luoghi e di
suggestioni che sono state messe insieme dalla scenografia di Massimiliano
Nocente, in una mescolanza di antichissimo e moderno. Un puzzle che mette
insieme la protettività di un comando dei carabinieri in riva al mare, la
villa-fortezza dei mafiosi Patriarca, le grotte sottomarine e le immense navi
portacontainer, i rifugi tecnologici di Annagreca e dei suoi hacker, annidati
in cave abbandonate o in chiese ipogee sconsacrate e il loro mondo virtuale, il
deep web popolato di avatar e misteri... e tra tutte (la location cui sono più
legato) la casa di famiglia dei Guerra sospesa su un porticciolo incantato,
dove Maria riconduce i suoi figli. Non è una città identificabile con un nome
ed una geografia reale, ma più un luogo simbolo di una Italia speciale, con le
sue meraviglie e le sue contraddizioni.
Il cast è molto ricco, composito, vi si trovano
interpreti di ogni età e provenienza. Il compito di sceglierlo e dirigerlo è
stato emozionante, una festa. Vorrei ringraziare tutti, per prima Vanessa
Incontrada e poi Giorgio Pasotti, Andrea Bosca, Carmine Buschini, Camilla
Diana, Beatrice Grannò, il giovanissimo Martino Lauretta, Gino Nardella, Livio
Beshir, Christian Burruano e tutti gli altri. Come non posso che essere
riconoscente al cast tecnico che mi ha accompagnato in questa avventura, Marcello
Montarsi alla fotografia, Massimiliano Nocente, già nominato, Mary Montalto che
ha disegnato i costumi, Francesco Beltrame che ha organizzato il nostro circo
indisciplinato, Barbara Daniele che lo ha tenuto insieme, Simona Paggi e
Stefano Chierchiè che hanno scandito il ritmo della storia nel montaggio, Francesco
Cerasi che ha composto e diretto le musiche, e la Anonima Disegni che ha saputo
ideare il mondo del deep web di Annagreca Zara e i suoi avatar di fuoco e
ghiaccio.
Vorrei ringraziare infine Carlo Degli Esposti e la
Palomar per aver sostenuto questo progetto, produttivamente ambizioso e
difficile e la Rai per averlo sposato, in particolare tutta la squadra di Rai
Fiction che ha seguito con creatività e fantasia tutta la lavorazione.Da ultimo
devo rivolgere un ringraziamento personale a Max Gusberti, che ha svolto nei
confronti della serie il ruolo di un mentore affettuoso.
Andrea Porporati
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