Cinque gennaio 1984. Sono da poco passate le 21.
Giuseppe Fava, per tutti Pippo, giornalista e scrittore, esce dalla redazione de
“I Siciliani”, il giornale che dirige, e sale sulla sua Renault 5. Deve andare
a prendere la nipote Francesca. Arrivato a Catania non fa in tempo ad aprire lo
sportello della macchina che viene freddato con cinque colpi di pistola alla
nuca. Cinque spari di origine mafiosa che uccidono l’uomo ma che non saranno
capaci di fermare i suoi ideali e il suo esempio.
Un grande Fabrizio Gifuni interpreta Pippo Fava in
un film per la tv per la regia di Daniele Vicari che riporta la grande
tradizione del cinema italiano “di denuncia” sulla rete ammiraglia Rai. Prima che la notte andrà in onda in prima
visione nella prima serata di mercoledì 23 maggio in occasione della Giornata
della legalità dopo essere stato presentato in anteprima al Teatro Petruzzelli
nel corso del Festival del Cinema di Bari BIF&ST.
Frutto di una coproduzione Rai Fiction – IIF, prodotto
da Fulvio e Paola Lucisano e scritto da Claudio Fava, Michele Gambino, Monica
Zapelli e lo stesso Daniele Vicari, Prima
che la notte è tratto dall’omonima opera letteraria di Claudio Fava e
Michele Gambino (Baldini & Castoldi).
A fianco di Gifuni, Dario Aita che interpreta il
figlio Claudio, Lorenza Indovina, David Coco, Fabrizio Ferracane, Barbara
Giordano, Carlo Calderone, Federico Brugnone, Simone Corbisiero, Selene
Caramazza, Beniamino Marcone, Davide Giordano, Roberta Rigano, Manuela Ventura,
Gaetano Aronica, Aurora Quattrocchi.
Il ricordo di un personaggio carismatico e complesso
perché sempre controcorrente e indomito, che ha sposato la causa della ricerca
e della denuncia pubblica della verità fino alle sue estreme conseguenze. La
storia straordinaria di un uomo che ha saputo costruire il futuro nonostante
tutto.
Pippo Fava, ormai ultra cinquantenne, dopo aver
conseguito importanti successi nel cinema, in tv, alla radio e in teatro, nel
1980 decide di tornare a Catania per fondare un giornale.
Intorno a questa impresa crea una vera e propria
scuola di giornalismo improntata sulla più assoluta libertà d’opinione. Questa impostazione
lo porta molto presto allo scontro con l’imprenditoria locale e la mafia a essa
collegata che lo obbligano a chiudere il giornale. Per affermare la necessità
di autonomia ed equidistanza nello svolgimento della professione, con l’aiuto del
figlio Claudio e dei ragazzi formatisi con lui e ormai divenuti giornalisti
capaci e appassionati, Pippo prosegue il suo cammino realizzando un mensile di
grande successo. Le denunce sulla stratificazione della mafia nella sua città
guidata allora da Nitto Santapaola non passano inosservate. E sarà proprio lui
il mandante dell’uccisione di Fava. Morto lui, i suoi giovani allievi
continueranno però a lavorare nella ricerca della verità mettendosi a servizio
della libertà di stampa.
Queste le parole del regista Daniele Vicari:
"La questione della libertà di stampa è tornata con
urgenza al centro del dibattito pubblico e con essa la necessità del
giornalista di svincolarsi da condizionamenti sempre più potenti e pervasivi. È
per questo che la vicenda umana e professionale di Pippo Fava, mi è parsa esemplare
e commovente.
La libertà di stampa e d’opinione era una vera e propria
missione per Pippo Fava. Per lui il giornalista doveva essere libero da
condizionamenti politici ed economici e non doveva fare sconti a nessun potere.
Per conseguire questo scopo Fava fondò un giornale straordinario, I siciliani,
che resterà nella storia del giornalismo italiano come un punto luminoso e
innovativo sia per l’impostazione che per la grafica. I suoi allievi (i carusi)
hanno appreso da lui il rigore della inchiesta, il lavoro sulla qualità della
scrittura e l’esercizio della capacità critica in ogni circostanza.
In un’epoca nella quale il giornalismo è sottoposto
a pressioni gigantesche, legate anche alla ipertrofica crescita dei social
media che tendono a strappare lo scettro della 'notizia' al giornalismo, la
vicenda di Fava e dei suoi carusi indica una strada ancora oggi percorribile,
in grado di in grado di disegnare una prospettiva e un futuro, improntato al
principio irrinunciabile della libertà di stampa e d’opinione. Cose di cui oggi
più che mai abbiamo bisogno.
Quando mi è capitata l’occasione preziosa di raccontare
la vicenda umana e professionale di Pippo Fava ho dovuto pormi una serie di
domande sulla mia ritrosia a fare film 'di mafia', domande rimandate forse
troppo a lungo. Per fortuna Fava è stato un uomo vitale, ironico, arguto ed è
stata questa la mia àncora di salvataggio. La sua ironia, anche quella sulla
mafia, è esemplare: «I fratelli Greco,
accusati dell’omicidio del giudice Chinnici, sono degli scassapagghiari» ha
detto Fava in una sua memorabile intervista a Biagi. Soprattutto esemplare è la
sua lucidità analitica negli editoriali: «Chi
non si ribella al dolore umano non è innocente»... Direi che già solo
questa frase, con la sua carica utopica, può aiutarci ad arginare il cinismo debordante
nel cinema come nel giornalismo, nei social media come nella letteratura. E
questa mi è sembrata una chiave limpida d’interpretazione della sua storia".
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