Siamo entrati nella Settimana Santa e, come l’anno
scorso, abbiamo scelto per #UnescoMovie di questa settimana un film che ci
avvicinasse alla Pasqua. Se nella primavera passata abbiamo parlato de La passione di Cristo di Mel Gibson che
ha lanciato definitivamente Matera (attuale capitale Unesco della cultura) come
location biblica per eccellenza, quest’anno abbiamo scelto un altro film molto
discusso dedicato sempre agli ultimi giorni di Gesù: Jesus Christ Superstar (1973).
Sebbene molti nella storia del cinema siano i film o
film tv ispirati ai vangeli, moltissimi non sono stati girati in location: Il Re dei Re (1961) di Nicholas Ray, per
esempio, è stato interamente ripreso in Spagna, La più grande storia mai raccontata (1965) di George Stevens mostra
Arizona, Utah e Nevada o Gesù di Nazareth
(1977) di Franco Zeffirelli ha viaggiato tra Tunisia, Marocco e Messico.
Jesus
Christ Superstar, viceversa, è andato in Israele perché
il regista Norman Jewison (Il caso Thomas
Crown, Stregata dalla luna) voleva mostrare “solo quello che il deserto palestinese aveva da offrire: una manciata
di rovine romane e una regione selvaggia di fantastiche montagne increspate,
incomparabilmente più grandiose e molto più ispiranti di qualsiasi scenografia
mai sognata ad Hollywood”, come scrisse all’epoca il sacerdote Desmond
Forristal nell’articolo Stage and Screen
per The Furrow, pubblicazione mensile
cattolica edita in Irlanda.
Tra queste location israeliane vi è anche una
proprietà Unesco: le Caverne di Beit Guvrin, entrate nel Patrimonio
dell’Umanità nel 2014.
Jesus
Christ Superstar è un’opera rock interamente cantata,
con libretto scritto dagli allora giovanissimi (e praticamente sconosciuti) Tim
Rice e Andrew Lloyd Webber (che in seguito avrebbero scritto insieme, tra gli
altri, Evita e Il mago di Oz, e che avrebbero collezionato 4 Oscar in 2). La
seconda e la terza canzone (What’s The
Buzz? e Strange Thing Mystifying)
sono cantante all’interno della grotta Beit Guvrin, utilizzata come location
per mostrare Gesù e gli apostoli che si rilassano prima di andare a
Gerusalemme. Qui vengono mostrati i primi dubbi di Giuda, che lo porteranno al
tradimento.
Quando nel 2014 il sito divenne Patrimonio Unesco,
la testata Forward (storico giornale
ebraico fondato il 22 aprile 1897 a New York) scrisse, per mano di Emily L.
Hauser, l’articolo: Why does U.N. love
Israeli Caves? ‘Jesus Christ Superstar’! (Perché l’ONU ama le caverne israeliane? ‘Jesus Christ Superstar’!).
“Sebbene non si trovi nessun accenno a Jesus
Christ Superstar nell’annuncio
dell’Unesco o in nessun comunicato stampa, credetemi. Le Caverne di Beit Guvrin
sono la location per eccellenza delle scene cruciali dell’inizio del film del
1973 (…). E’ un pezzo glorioso della storia del cinema e se mai le visiterete
come è accaduto a me (…) diventerà ovvio anche per voi capire perché Jewison
l’ha scelta come ‘casa’ in cui la sua compagnia viene rivelata come una
famiglia che sta andando in pezzi”.
Non è possibile descrivere meglio quanto un film
possa legare la propria potenza narrativa ad un sito Unesco, mostrandolo,
rivelandolo e legandolo per sempre alla memoria.
La motivazione per cui le Grotte di Maresha e
Bet-Guvrin nelle Terre della Giudea come un microcosmo della terra delle grotte
sono Patrimonio Culturale dell’Umanità dal 2014:
“Il
sito archeologico contiene circa 3.500 camere sotterranee distribuite in
distinti complessi scolpiti nello spesso e omogeneo gesso morbido della Bassa
Giudea sotto le ex città di Maresha e Bet Guvrin. Situato all’incrocio delle
rotte commerciali verso la Mesopotamia e l’Egitto, il sito testimonia l’arazzo
di culture della regione e la sua evoluzione per oltre 2000 anni dall’VIII
secolo a.C., quando Maresha, la più antica delle due città, fu costruita, fino
al tempo dei crociati. Queste caverne servivano da cisterne, frantoi, bagni,
colombari (colombaie), stalle, luoghi di culto religioso, nascondigli e, alla
periferia delle città, aree di sepoltura. Alcune delle camere più grandi
presentano archi a volta e pilastri di supporto”.
dietro le quinte
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