Il 13 maggio si è spenta, a causa di una polmonite,
Doris Day, 97 anni, una delle ultime icone di quell’Hollywood che non esiste
più e che ha fatto sognare intere generazioni. Protagonista di 41 film tra il
1948 (debutto in Amore sotto coperta)
e il 1968 (C’è un uomo nel letto di mamma),
pochi giorni fa aveva rivelato in un’intervista per The Hollywood reporter in occasione del suo 97mo compleanno che il
suo film preferito era Non sparare,
baciami! (Calamity Jane, 1953). Per la nostra rubrica #UnescoMovie, invece,
parleremo del suo film (forse) più famoso in cui interpreta (sicuramente) la
canzone più celebre che abbia mai cantato (Que
sera, sera): L’uomo che sapeva troppo
di Alfred Hitchcock del 1956.
Remake dell’omonimo film del 1934 sempre diretto da
Hitchcock, rispetto all’originale la versione a colori cambia location, e se
nel primo l’incontro del protagonista con la spia francese accade a
Saint-Moritz (dove Alfred era andato in luna di miele con la moglie), nel
secondo avviene a Marrakesh, in Marocco, la cui Medina è Patrimonio dell’Umanità
dal 1985.
Le scene furono girate in loco tra il 13 e il 23
maggio 1955, non senza complicazioni, dopo aver ottenuto il permesso di girare
da Thami El Glaoui (pascià di Marrakesh dal 1912) di seguito ad una lunga
trattativa portata avanti da Edourd de Segonzac, direttore generale
dell’ufficio parigino della Paramount. La conferma, infatti, avvenne solo il 25
aprile e unicamente ad una condizione: “Che
le riprese fossero completate prima dell’inizio del Ramadan” (Alfred’ Hitchcock’s America, Murray
Pomerance, 2013).
Questa clausola fu una vera spina del fianco per il
Maestro, che fu costretto a chiudere la sceneggiatura delle scene marocchine di
tutta fretta e ad iniziare le riprese prima che fosse completato lo script
della storia (il che doveva essere davvero pazzesco per uno puntiglioso come
Hitchcock).
Le riprese non furono sempre idilliache. Al
contrario. Sebbene ci fossero dei soldati sui tetti delle abitazioni per
controllare l’area dei ciak, ci furono più di un momento in cui la gente del
posto divenne ostile e “si raccomandò
caldamente al cast tecnico ed artistico di interrompere le riprese
immediatamente e tornare nelle proprie stanze”.
Questa è la motivazione per cui alcune scene sono
state poi rifinite ad Hollywood (immagini girate in location, con gli attori
che recitano di fronte ad esse), comprese quella in cui vi è l’immancabile
cameo di Hitchcock (nascosto tra la folla durante uno spettacolo di
saltimbanchi) e alcuni dettagli della morte della spia francese tra le braccia
di James Stewart.
Tutte le location del film furono scelte da Alfred
Hitchcock in persona giunto sul posto prima di tutti proprio per studiare ove
svolgere le scene. Tra queste si riconoscono: le porte monumentali del Bab
Doukkala, il mercato Bab El Khemis e piazza Jamaa el-Fnaa.
Da sottolineare, inoltre, che pure la scena del
ristorante fu girata in loco, specificatamente al Dar Es-Salam, che ancora oggi
ha alla parete una gigantografia di uno scatto di scena ambientato ai suoi
tavoli (qui vi è la famosa ripresa in cui James Stewart non sa come mettere le
sue lunghe gambe, finendo quasi per cadere all’indietro).
Ed ovviamente anche l’albergo, cuore dell’intreccio
della storia in Marocco, è reale: il Mamounia, dove risiedettero anche gli
stessi attori durante la lavorazione. E anche qui, la location è diventata
marketing: la camera in cui i coniugi McKenna si preparano per andare a cena
fuori e Doris Day intona Que sera, sera per
la prima volta, è diventata un piccolo cimelio e vi si può pernottare a partire
da 775 dollari per notte…
Curiosità: fu durante questi giorni in Marocco che
Doris Day, vedendo come cammelli, capre e altri animali venivano maltrattati
nella scena del mercato, iniziò la sua attività a favore degli animali (rimase
talmente colpita, che si rifiutò di iniziare le riprese fino a quando tutti gli
animali non fossero nutriti adeguatamente e tenuti con cura). Nel 1978 fondò,
poi, il Doris Day Animal Foundation, a cui rimase strettamente legata fino alla
fine della sua vita, tanto che la sua morte è stata annunciata proprio dalla
portavoce dell’associazione.
La motivazione per cui la Medina di Marrakesh è nel
Patrimonio Culturale dal 1985:
“Fondata
nel 1070-72 dagli Almoravidi, Marrakesh rimase un centro politico, economico e
culturale per un lungo periodo. La sua influenza è stata avvertita in tutto il
mondo musulmano occidentale, dal Nord Africa all’Andalusia. Ha diversi
monumenti impressionanti risalenti a quel periodo: la Moschea Koutoubiya, la
Kasbah, i bastioni, le porte monumentali, i giardini, ecc. I gioielli
architettonici successivi includono il Palazzo Bandiâ, la Madrasa di Ben
Youssef, le Tombe Saadiane, diverse grandi residenze e Place Jamaâ El Fna, un
vero teatro all’aperto”.
dietro le quinte
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