Sei anni fa ho vissuto un'esperienza indimenticabile, da ricondividere assolutamente. Ho visto lo spettacolo "The Crucible" all'Old Vic Theatre a Londra. I ricordi sono ancora vivi, soprattutto adesso che Richard Armitage è di nuovo a teatro con "Uncle Vanya".
Questo è l'articolo scritto da me a caldo, forse poco professionale ma sicuramente appassionato, una recensione con resoconto molto personale, che mi fa piacere riproporre. Ricordo che all'epoca il pezzo era stato pubblicato sul blog Decumano Sud a questo link: http://decumanosud.blogspot.com/2014/09/the-crucible-recensione-e-resoconto.html
Londra - Old Vic Theatre - 4 settembre
2014
Tutto è iniziato ad Aprile, quando è stato
annunciato che Richard Armitage avrebbe interpretato John Proctor all’Old Vic
Theatre in ‘The Crucible’, dramma in 4 atti di Arthur Miller
(1915-2005), grande drammaturgo americano. Così, un po’ per gioco, e un po’ per
passione culturale è nata l’idea di un viaggio tra amiche a Londra per
assistere a questo spettacolo. Mi sembrava incredibile avere l’opportunità di
vedere recitare dal vivo questo attore che con maestria e impegno ha dato
grande profondità al personaggio nato dalla penna di Tolkien, Thorin
Scudodiquercia, nella trilogia de ‘Lo hobbit’ (2012-2014) di Peter Jackson e la
cui bravura mi aveva già appassionata nello sceneggiato BBC Nord e Sud (2004)
di Elizabeth Gaskell in cui interpretava un gentiluomo vittoriano, Mr
Thornton.
Premetto inoltre che avevo studiato Miller al liceo
in letteratura inglese ed avevo visto la versione cinematografica ‘La
seduzione del male’ (1996) con il genero di Miller, Daniel Day-Lewis, ma ho
voluto prepararmi al meglio leggendo sia il libro in italiano ‘Il crogiuolo’
con la splendida traduzione a cura di Luchino Visconti, sia il dramma in
inglese per poter apprezzare al meglio le sfumature date dalla pienezza della
lingua originale e soprattutto per comprendere con più facilità lo spettacolo a
teatro. Il Crogiuolo è un capolavoro drammatico e senza tempo, purtroppo
sempre attuale: la storia della caccia alle streghe ambientata a Salem
(storicamente reale) è la metafora del maccartismo ma ancor più in generale
dell’esistenza umana e rappresenta l’isteria collettiva che si crea in una
società lacerata da invidie, ipocrisia, menzogne, cattiveria e vendetta.
Uno dei miei più grandi timori era: ‘sarà una
rappresentazione fedele o verrà modernizzata'? Per cui è stato grande il
sollievo alle parole della regista, la bravissima sudafricana Yaël Farber che
ha voluto lasciare intatta la sceneggiatura e il testo di Miller per dare, di
suo, una intensa interpretazione ‘viscerale’. E la cornice perfetta è stato l’Old
Vic Theatre (storico teatro shakespeariano fondato nel 1818), appositamente
ristrutturato quest’anno in una speciale disposizione ‘in the round’ voluta dal
direttore artistico Kevin Spacey (attore 2 volte premio Oscar) per creare
maggior contatto con il pubblico rispetto a un classico palcoscenico piatto,
dando quasi l’impressione di ‘vivere’ la scena. Il successo è stato
immediato e unanime: dalla serata stampa in poi si sono susseguite recensioni
di altissimo livello, 5 stelle da parte di tutti i critici teatrali (The Times,
The Guardian, Daily Telegraph, ecc...) e soprattutto lodi incondizionate a
regista e cast, ma nulla poteva prepararmi alle emozioni che ho vissuto in
prima persona la sera del 4 settembre! Dalla prima fila sembra di essere realmente
sul palcoscenico, nessuna separazione dagli attori, proprio davanti ai nostri
occhi… la musica iniziale, le luci, i movimenti, i suoni, già ti prendono allo
stomaco e ti portano a Salem… per 3 ore e mezzo non assisto ad uno spettacolo
ma vivo ‘the crucible’ e respiro la tragedia che si consuma! Non vedo degli
attori, ma ‘sento’ ed empatizzo i sentimenti e il dramma umano dei
personaggi, vivi e reali!
Riassumo brevemente la trama che si snocciola lungo 4 atti: dopo un prologo un po’ inquietante troviamo la scena a casa del reverendo Parris, che ha scoperto la nipote Abigail Williams e altre ragazze del paese a danzare nel bosco. La piccola Betty Parris non si sveglia e si inizia a parlare di stregoneria tanto che viene chiamato il reverendo Hale (un esperto a scovare la presenza del maligno) ad indagare… Qui fa la sua prima apparizione l’imponente John Proctor e scopriamo che ha avuto una relazione extraconiugale con Abigail, precedentemente domestica a casa sua. Quando Abby capisce che le cose si mettono male e potrebbe essere accusata di stregoneria, finge una confessione e accusa alcuni abitanti della comunità di aver fatto un patto con il diavolo e da qui tutto inizia a precipitare nell’isteria collettiva… e gli abitanti danno libero sfogo alle vendette personali accusando chi vorrebbero vedere morto perché chi non confessa verrà impiccato!
Il secondo atto si apre a casa di John ed Elizabeth
Proctor: l’uomo forte e possente lascia spazio ad un marito afflitto dal senso
di colpa che vuole solo compiacere la moglie ed essere perdonato dal suo
peccato di adulterio. - Qui assistiamo anche ad una scena shirtless di
Armitage/Proctor, molto apprezzata dal pubblico femminile e comunque ben
inserita nell’economia della trama. - Arriva però il Reverendo Hale e
scopriamo che le ragazze continuano ad accusare la gente di Salem al processo e
ci saranno davvero impiccagioni per stregoneria per chi non confessa ed è stato
fatto il nome di Elizabeth Proctor. Immediatamente lei e il marito capiscono
che Abby vuole in realtà ucciderla per prendere il suo posto ma John Proctor
non è disposto a perdere sua moglie per colpa sua e si scatena la sua ira,
mista a rabbia e dolore.
Dopo l’intervallo assistiamo al terzo atto in cui
John Proctor prova a convincere il Giudice Danforth dell’innocenza di sua
moglie Elizabeth insieme ai suoi amici Giles Corey e Frances Nurse, le
cui mogli (Martha Corey e l’angelica Rebecca Nurse) sono anch’esse state
arrestate. Purtroppo a nulla serve la testimonianza di Mary Warren (domestica dei
Proctor e amica di Abigail, nonché giurata) tanto che John Proctor arriva ad
ammettere il suo adulterio, compromettendo il suo nome per far capire di che
pasta è in realtà fatta Abby. Ma quando Elizabeth viene chiamata a confermarlo,
lei mente e nega per proteggere il buon nome del marito. E’ a questo punto che
il dolore lacera ancora di più i protagonisti e noi con loro. Le ragazze,
capitanate da Abigail, riescono a sconvolgere la disperata e spaventata Mary al
punto da farla crollare fino ad accusare John Proctor di stregoneria. La
tragedia sta per compiersi e l’urlo di Proctor: ‘God is dead’ (Dio è morto) è
uno dei momenti più intensi di una rappresentazione già profondamente viscerale
di suo.
L’ultimo atto vede una presa di coscienza da parte
del Reverendo Hale che si rende conto di come siano tutti innocenti ma il
Governatore non vuole cedere, così Hale prova a convincere Proctor (in prigione
da mesi) a confessare, a dire la sua menzogna per aver salva la vita. Elizabeth
sarà in salvo in quanto incinta ma pur sempre in carcere. E allora viene
organizzato un toccante e commovente incontro tra marito e moglie nel tentativo
di far confessare Proctor ma in realtà Elizabeth e John si ritrovano con
affetto e John si rende conto di voler vivere ed è pronto ad una finta
confessione per riavere la sua vita (tanto si sente già un peccatore). Toccante
il momento in cui appone la sua firma tra le lacrime solo che alla fine non
riesce a consegnarla per renderla pubblica e la strappa urlando ‘because it is
my name’ (perché è il mio nome) e lì accade un miracolo: si sente puro al punto
di poter morire da innocente e la moglie, tra le lacrime, lo appoggia, infatti
lo perdona, si assume le sue colpe e soprattutto lui perdona se stesso. Prima
di andare verso la forca c’è un tenerissimo e appassionato bacio tra John e la
sua Elizabeth.
Meritatissima la standing ovation finale, perché si
assiste davvero con grande coinvolgimento, col cuore in gola, si rimane senza
respiro…. Emozionati, commossi, profondamente e intensamente toccati.
‘Mozzafiato’ è l’unica parola adatta a descrivere le emozioni provate e
vissute.
Il livello di bravura degli attori è altissimo:
Samantha Colley (Abigail), Adrian Schiller (Hale), Anna Madeley
(Elizabeth Proctor), Natalie Gavin (Mary Warren), Ann Firbank (Rebecca Nurse) e
tutti gli altri…. E lui su tutti: Richard Armitage nel ruolo di John Proctor!
Tiene la scena con la sua presenza fisica e con la sua bravura come attore
teatrale che trasmette intensamente, con potenza, le emozioni, cattura
l’attenzione e toglie il respiro, riuscendo ad esprimere perfettamente il
personaggio: Richard Armitage è John Proctor al 100%.
Dunque The Crucible è assolutamente uno spettacolo
mozzafiato, imperdibile, mi reputo fortunata ad averlo visto dal vivo, ad aver
vissuto un’esperienza unica e irripetibile, così piena, totalizzante,
emozionante, coinvolgente, intensa e commovente… infatti non nascondo che
in molti alla fine avevamo le lacrime agli occhi! Per fortuna l’Old Vic Theatre
e la Digital Theatre hanno provveduto a registrare lo spettacolo che presto
sarà disponibile sia al cinema che scaricabile on-line: sarebbe stato un
delitto non rendere immortale questo capolavoro, questa rappresentazione
fedelissima e viscerale di Yaël Farber del dramma di Arthur Miller.
Per concludere vorrei sottolineare che gli attori dopo la fine dello spettacolo hanno avuto la pazienza di incontrare il pubblico per ringraziarci, accettare complimenti e piccoli regali, firmare autografi e scattare qualche foto. Naturalmente la fila allo stage door era tutta per Richard Armitage, grandissimo attore e bellissima persona che ha provato ad accontentare tutti nonostante l’evidente stanchezza.
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