di Aida Picone
Arriva il 7 marzo nelle sale italiane, esclusivamente in versione originale sottotitolata, distribuito da Universal Pictures, Drive-Away Dolls, il primo film di una trilogia diretta da Ethan Coen. Il regista, che fino al 2018 ha collaborato col fratello Joel, adesso co-scrive questa sceneggiatura con la moglie Tricia Cooke, trasponendo un road movie in chiave sboccata e irriverente.
La storia si apre con Santos (Pedro Pascal) che tiene tra le mani una valigetta dal dubbio contenuto, è il 1999, e appare visibilmente spaventato. Dopo aver chiesto il conto, infatti, viene inseguito dal cameriere che fino ad un attimo prima lo aveva servito. La valigetta gli viene malamente sottratta facendoci immediatamente capire che il suo contenuto è altamente interessante.
Dopo il prologo, la scena si sposta su Jamie (Margaret Qualley) intenta a tradire la sua compagna Sukie (Beanie Feldstein). La scena di sesso, più che esplicita, potremmo definirla ironica perché interrotta dalle chiamate di Marian (Geraldine Viswanathan) che vuol cercare di organizzare la serata insieme alle sue amiche. Scoperto il tradimento, Sukie lascia Jamie e la manda via da casa. La ragazza, in questo modo, trova asilo sul divano di Marian e da qui ha il via l’idea di noleggiare un’auto per poter andare insieme in Tallahassee.
La tipologia di viaggio che le due protagoniste hanno in mente è totalmente agli antipodi: una vuol cercare di ritrovare se stessa, andando a trovare la zia, perché si sente infelice e insoddisfatta della vita che sta conducendo; l’altra ha intenzione di far sbloccare l’amica dal punto di vista sessuale. Questa combo, unita al fatto che l’auto che noleggeranno non era destinata a loro e contiene la valigetta che abbiamo visto nel prologo, darà il via a una serie di eventi focalizzati sul divertimento e sulle battute a sfondo sessuale.
Sì, quella che abbiamo davanti è quindi una commedia sboccata che sfrutta quella sensazione di B-Movie per poter riuscire a raccontare qualcosa di sottile che aleggia leggero come l’assunzione di una droga psichedelica. Le scene del viaggio on the road si alternano a momenti colorati e allucinogeni proprio per poter fornire la chiave di lettura sotto cui poter decifrare l’intera storia.
Le relazioni, tra amicizia e sentimenti, vengono lentamente eviscerate e approfondite riuscendo a mettere in luce le differenti personalità delle due ragazze. Jamie è sfrontata, sicura di sé e del suo sex appeal; affronta la vita con estrema noncuranza dei propri sentimenti o di quelli di chi la circonda. Marian, invece, lentamente riesce a sciogliere i nodi della sua sessualità arrivando a comprendere che molto spesso è meglio spegnere il cervello e lasciarsi guidare dall’istinto. Contemporaneamente, però, il contenuto della valigetta gioca un ruolo fondamentale. Paradossalmente, in un mondo che porta in scena le relazioni lesbiche, i sex-toys diventano simbolo di un potere maschile quasi evirato della sua forza. In questo modo, la compagine maschile che accompagna la relazione tra le due amiche (motrice dell’intero racconto) si fa vessillo di iniquità e di insensatezza.
La scrittura della sceneggiatura resta brillante, pur ricordando gli altri successi firmati da entrambi i fratelli. Vi è un po’ un mix di ciò che ci è familiare e alla mente sovviene immediatamente il cinema che i Coen sono stati in grado di creare. Allo stesso modo, l’essere stato affiancato dalla moglie gli ha permesso di poter trattare con brillantezza e dolcezza delle tematiche intriganti. Vi è filosofia tanto quanto smacco al potere, così come dolcezza e sentimento.
Drive-Away Dolls, di conseguenza, si mostra come un film interessante le cui protagoniste sarebbero state decisamente di impatto per la rappresentazione LGBTQ+ se fosse realmente arrivato nel 2000. È pur vero che, in ogni caso, non si sbaglia mai quando si parla di sessualità femminile e lo si fa col determinato compito di sdoganare alcuni puritani preconcetti.
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