martedì 26 aprile 2016

"Le confessioni" - Mini recensione e scatti in conferenza stampa

di Silvia Sottile


Le Confessioni è un film (coproduzione internazionale) di Roberto Andò. La tematica è di forte attualità politico economica, le ambizioni elevate, il cast d'alto livello: Toni Servillo, Pierfrancesco Favino, Connie Nielsen (la Augusta Lucilla de Il Gladiatore), Daniel Auteuil, Marie-Josée Croze e Lambert Wilson. Auteuil è Daniel Roché, il direttore del Fondo Monetario Internazionale, che al G8, oltre ai ministri dell'economia di vari paesi, ha invitato anche tre personaggi esterni, tra cui il monaco Roberto Salus (Servillo). L'ambientazione è dunque tutta all'interno di questo asettico hotel sul Mar Baltico, tra giallo etico e dramma morale, incentrato sui segreti di cui potrebbe essere a conoscenza l'integerrimo Salus attraverso il sacramento della confessione. Ambizioni eccessive, dicevamo, e realizzazione che ricorda molto Sorrentino, per un film surreale, filosofico (quasi metafisico), poco concreto e molto confuso. Recitazione forzata (lo stesso Servillo si mostra sempre supponente) e ritmo lento, ne fanno un lavoro troppo autoriale ed eccessivamente pretenzioso e quindi, a conti fatti, deludente. Non bastano la splendida fotografia (di Maurizio Calvesi) dalle tonalità spente o le penetranti e intense musiche del premio Oscar Nicola Piovani (La vita è bella) ad alleggerire la pesantezza di intenti non supportata (né tanto meno compensata) da un valido risultato. Eppure ha un'aura poetica che riesce a coinvolgere.
Dal 21 aprile al cinema.

Foto (in conferenza stampa) di Silvia Sottile: Pierfrancesco Favino (ministro italiano), il regista Roberto Andò, Toni Servillo (Salus), Connie Nielsen (Claire Seth).










domenica 3 aprile 2016

Mini recensioni: "La Grande Scommessa" - "Human" - "The Gift - Regali da uno sconosciuto"

LA GRANDE SCOMMESSA

Molto interessante sotto certi aspetti... anche se per me è decisamente sopravvalutato! Sì, bravi attori (Christian Bale, Steve Carell, Ryan Gosling e Brad Pitt), idea intrigante (premiato con l'Oscar per la miglior sceneggiatura non originale il regista Adam McKay), tema ostico (la crisi finanziaria) visto dagli insiders e affrontato da una prospettiva insolita, ma a me questa tipologia di film alternativi non mi ha mai entusiasmato. Poi si esagera troppo con l'economia e i termini tecnici noiosi, fastidiosi e incomprensibili. Onestamente non mi è piaciuto e lo sconsiglio. Eppure in tanti lo hanno apprezzato, anche per il montaggio dinamico.


HUMAN
Cosa ci rende umani? Un toccante documentario di Yann Arthus-Bertrand. Il regista ha realizzato oltre 2000 interviste in circa 60 paesi sparsi nel Mondo, dando soprattutto voce a chi solitamente non ne ha. I temi sono la guerra, la povertà, la violenza, la fame, la libertà, le discriminazioni di ogni genere... e le immagini in primo piano degli intervistati (ascoltiamo solo le loro risposte, mai le domande poste) sono alternate a splendide immagini di luoghi mozzafiato della Terra. Indubbiamente il documentario è profondo e ad alto tasso emotivo, commovente, forte! Ci si sente quasi svuotati dopo la visione, ma al contempo arricchiti. Purtroppo la durata di oltre 3h lo rende troppo pesante, a lungo andare la soglia dell'attenzione inevitabilmente scende. Comunque da vedere, se si ha un cuore.


THE GIFT - REGALI DA UNO SCONOSCIUTO


Non male l'esordio alla regia per Joel Edgerton, che interpreta anche il film insieme a Jason Bateman e Rebecca Hall. Tutto ruota intorno ad un semplice concetto: si può cancellare il passato e ricominciare? E se qualcuno a cui si è fatto del male tornasse per vendicarsi e rovinare la bella vita che ci si è costruiti? Questo thriller di stampo psicologico non brilla certo per originalità ma è davvero ben fatto, ben recitato e ben costruito e riesce a creare la giusta e continua suspense e a dare quell'inquietudine necessaria ad un thriller che si rispetti. Si lascia guardare con piacere.


sabato 2 aprile 2016

Mini recensioni: "Carol" - "The Danish Girl" - "Trumbo"

CAROL

Ho recuperato Carol (diretto da Todd Haynes) qualche giorno prima degli Oscar: bellissimo film con 2 interpreti a dir poco straordinarie (Cate Blanchett e Rooney Mara), intense, impeccabili, che fanno emozionare trasformandosi totalmente nei personaggi. Storia coinvolgente ed emozionante, costumi bellissimi (Sandy Powell - già all'attivo 3 premi Oscar per i meravigliosi costumi di Shakespeare in love, The Aviator e The Young Victoria - avrebbe meritato l'Oscar quest'anno data anche la doppia candidatura sia per Carol che per Cenerentola, una grande artista) e una originale fotografia patinata, stile rétro, davvero particolare. Se non ci fosse stato quel genio di Lubetzki con Revenant Edward Lachman avrebbe avuto grosse chances di portare a casa la statuetta dorata. Meravigliose anche le musiche di Carter Burwell. A dirla tutta stupisce (e pure tanto) il non vederlo tra i candidati a miglior film! E ancor di più il fatto che sia rimasto a bocca asciutta. In ogni caso le due splendide attrici hanno entrambe giustamente ottenuto la nomination agli Oscar.  Assolutamente consigliato.
PS: di cosa parla? Una delicata storia d'amore tra un'affascinante donna ricca e divorziata, Carol Aird (Blanchett), e una giovane commessa aspirante fotografa, Therese Belivet (Mara) - siamo nell'America degli anni '50.



THE DANISH GIRL

Sempre per la serie recupero pre-Oscar, ho visto anche The Danish Girl di Tom Hooper (regista premio Oscar per Il discorso del Re) : onestamente mi aspettavo qualcosa di più. Il film (tratto dal romanzo La Danese) racconta la storia del pittore Einar Wegener e del suo percorso fisico, emotivo e psicologico che lo porta a diventare Lili Elbe, la prima persona ad essersi sottoposta ad un intervento chirurgico di riassegnazione sessuale. Il tema è naturalmente molto delicato e la storia decisamente drammatica ma sembra restare tutto troppo in superficie, fin troppo semplice... mi aspettavo più emozioni, più pathos, più introspezione, insomma, che si andasse più in profondità! Bravo Eddie Redmayne (Oscar per La Teoria del Tutto), sì, ma assolutamente non da Oscar, la sua è una recitazione didascalica, troppo leziosa, tanto che viene spesso offuscato dalla sua co-protagonista, la bravissima (appassionata e appassionante stella nascente del cinema svedese e mondiale) Alicia Vikander (nel ruolo della moglie Gerda) che l'Oscar (come migliore attrice non protagonista, sebbene in realtà il suo fosse un ruolo da protagonista) l'ha vinto. E' lei infatti a tenere il film, insieme ai bellissimi costumi, alla fotografia dai colori pastello, alle splendide scenografie, il tutto accompagnato dalla suggestiva colonna sonora del talentuoso Alexandre Desplat (Oscar per Grand Budapest Hotel). Nel cast anche bravi attori per ruoli secondari a cui purtroppo la sceneggiatura non ha dato alcuno spessore (Matthias Shoenaerts, Ben Whishaw, Amber Heard, Adrian Schiller).


TRUMBO

Gran bel film! Porta alla luce con dolore e ironia un'altra pagina vergognosa della storia (e della politica) americana...
Straordinaria l'interpretazione di Bryan Cranston (candidato all'Oscar) nei panni dello sceneggiatore comunista Dalton Trumbo, vincitore di due premi Oscar (Vacanze Romane, film che amo follemente, e La più grande Corrida) sotto falso nome (perchè inserito nella "lista nera" per le cosiddette attività anti-americane) nonchè autore della sceneggiatutra di film quali Spartacus ed Exodus - nel cast anche Diane Lane (nel ruolo della moglie), Elle Fanning (la figlia), John Goodman, Helen Mirren, Dean O'Gorman. La particolarità di questo film (titolo italiano: L'ultima parola - La vera storia di Dalton Trumbo, diretto da Jay Roach) è che sebbene l'argomento sia tutto sommato drammatico, viene affrontato con molta ironia e simpatia (doti che caratterizzavano il vero Trumbo e che Cranston fa sue alla perfezione) dando dinamicità e frizzantezza alle vicende e alla pellicola. Da vedere.


“Billy il Koala”: le avventure di un piccolo eroe australiano



di Silvia Sottile

Billy il Koala – The adventures of Blinky Bill è basato su una classica serie di libri australiani scritti da Dorothy Wall a partire dal lontano 1933. Questo piccolo koala è un eroe amatissimo da generazioni di bambini, un personaggio molto famoso in Australia, dove rappresenta un’autentica icona nazionale. Nel corso degli anni sono state realizzate varie trasposizioni di queste avventure, tra cui un lungometraggio animato e una serie televisiva sbarcata in tutto il mondo (e approdata anche in Italia) ma questa volta l’animazione si evolve e si passa dal 2D alla grafica computerizzata. Alla regia troviamo Deane Taylor, art director di Nightmare Before Christmas.

La trama è molto semplice e lineare ma sempre di sicuro effetto per i più piccoli. Billy è un adorabile e simpatico cucciolo di koala, dotato di fervida immaginazione ed enorme coraggio. Vive nel pacifico villaggio di Greenpatch e sogna di diventare un leggendario avventuriero proprio come suo padre Bill, il più grande esploratore dell’entroterra australiano. Quando, dopo un anno, il padre (partito per esplorare il “mare dei draghi bianchi”) non ha ancora fatto ritorno, Billy decide di partire per cercarlo e riportarlo a casa, naturalmente di nascosto da mamma Betty. Così lascia Greenpatch (nel frattempo finita sotto le grinfie dell’iguana Cranky che detta legge in assenza di Bill) e si avventura nell’incantevole, torrido e pericoloso paesaggio dell’entroterra australiano. Nel suo lungo, caldo ed emozionante viaggio nel deserto, Billy incontra Nutsy, una piccola koala dello zoo, abituata alla vita in cattività, e Jacko, un ansioso e simpatico clamidosauro. I nostri piccoli esploratori dovranno attraversare mille ostacoli ed avversità (dai coccodrilli a un felino selvatico), mostrarsi uniti, svegli e coraggiosi, mettere alla prova le loro capacità (e acquisirne altre) per compiere la loro missione: ritrovare il papà di Billy e tornare a casa sani e salvi, diventando dei veri e propri eroi. 

La storia presenta una struttura narrativa classica, di facile comprensione, con un personaggio che deve affrontare numerose peripezie per crescere, prendere consapevolezza di sé e maturare: un classico percorso di formazione, dunque. Uno dei messaggi principali della pellicola, rivolta principalmente ad un pubblico di bambini, è infatti quello di credere in se stessi e non mollare mai. Presenti anche il tema dell’altruismo e il profondo affetto per la famiglia e gli amici.

Nonostante lo svolgersi delle vicende si riveli piuttosto prevedibile, ci troviamo di fronte ad un racconto accattivante e avvincente, una bella storia di avventura e coraggio, un film garbato, divertente ed emozionante, adatto soprattutto ai più piccoli. Sebbene la qualità dell’animazione sia lontana dalla perfezione grafica a cui ci ha abituati la Pixar, gli sterminati paesaggi australiani sono resi al meglio con i colori caldi del deserto e quelli vivaci e sgargianti della natura. Poi i simpaticissimi animali incontrati nel corso dell’avventura (tra cui il vombatide Wombo, le Emù Beryl & Cheryl) e l’assoluta bontà di fondo che permea le azioni e i sentimenti dei protagonisti, ne fanno un prodotto gradevole, solare e positivo. Da sottolineare anche l’interessante presenza di personaggi femminili attivi e coraggiosi tanto quanto quelli maschili.


Billy il Koala, nelle nostre sale dal 31 marzo con Microcinema, è un delizioso,  gradevole, colorato ed emozionante film per bambini, che si divertiranno davvero tanto nel seguire le simpatiche e rocambolesche avventure dell’adorabile (e determinato) piccolo eroe Billy e dei suoi amici.

Mini recensioni: "Room" - "Suffragette" - "Brooklyn"


 ROOM

Room è tratto dal romanzo "Stanza, letto, armadio, specchio", liberamente ispirato ad un drammatico caso di cronoca nera. Racconta la storia di una giovane donna (interpretata dalla straordinaria e intensa Brie Larson, meritatamente vincitrice dell'Oscar come migliore attrice protagonista) rapita e segregata per anni in una stanza, e del bambino che nel frattempo ha dato alla luce, Jack (magistralmente interpretato dal piccolo Jacob Tremblay che dimostra di essere un vero talento cinematografico nonostante la giovanissima età). Il film (che ha riscosso un enorme successo di critica) è davvero profondo, intenso, toccante, commovente, angosciante ma anche incredibilmente luminoso... probabilmente perchè l'abilità del regista (Lenny Abrahamson) sta nel cercare di farci vivere le vicende e soprattutto le forti emozioni dal punto di vista del bambino. Un bambino convinto che la "stanza" rappresenti tutto il suo mondo, e poi l'improvvisa scoperta di tutto ciò che c'è all'esterno, mentre la madre dovrà riprendere le redini di una vita che non riconosce più. Ci si immedesima nelle sensazioni, si alternano momenti riflessivi ad altri dinamici: storia avvincente e commovente dal primo all'ultimo istante, mai noiosa. Io lo consiglio caldamente, è davvero un gioiello del cinema indipendente. Capolavoro (termine abusato ma decisamente calzante in questo caso). Ricordiamo che è stato presentato alla Festa del Cinema di Roma.


SUFFRAGETTE

In un momento storico in cui purtroppo si parla ancora di diritti negati, trovo importante fermarsi a riflettere su quelle donne che hanno lottato contro tutto e tutti in nome di un diritto fondamentale: è grazie a loro che oggi le donne votano! In Italia fino a 70 anni fa non era così...
La strada per la parità è ancora lunga, molti diritti fondamentali non sono ancora riconosciuti... che la battaglia di queste donne sia ricordata con onore e ci serva da stimolo per continuare a lottare per ciò che è giusto in materia di diritti civili!
PS: Suffragette di Sarah Gavron è un bel film, che affronta questo tema così importante (ovvero le prime dure lotte delle donne per ottenere il diritto di voto nell'Inghilterra di inizio '900) con cognizione di causa, ottima e impeccabile ricostruzione storica, attraverso le vicende di Maud Watts, una donna comune, sottomessa al marito e al padrone della lavanderia dove lavora in condizioni inumane (evidenziando la drammatica condizione della donna all'epoca). Bravissime Carey Mulligan, Helena Bonham Carter, Anne-Marie Duff, Romola Garai e Meryl Streep col suo incisivo cameo. Un gran cast al femminile. Consigliato‬.

BROOKLYN


Un bel drammone romantico/sentimentale, di quelli che piacciono tanto a me! Bellissima la fotografia pastello, aiutata dai meravigliosi paesaggi irlandesi e Newyorkesi, oltre che dal mare, sempre affascinante. Una storia coraggiosa di immigrazione, ambientata negli anni '50. La protagonista è Eilis (una straordinaria Saoirse Ronan) che emigra dall'Irlanda agli Stati Uniti (Brooklyn, New York) dilaniata dalla nostalgia di casa ma determinata a costruirsi un futuro migliore... e naturalmente indecisa tra due uomini che hanno fatto breccia nel suo cuore. Si tratta di un dramma classico, ben costruito, lineare, gradevole e coinvolgente, ma una domanda sorge spontanea: cosa ci fa tra i film candidati agli Oscar? Bello sì, ma non fino a questo punto. Giusta la candidatura per la Ronan come migliore attrice protagonista, eccessiva quella come miglior film. Nel cast anche Emory Cohen e l'immancabile Domhnall Gleeson. Comunque visione piacevole e godibile. Brooklyn è diretto da John Crowley.


venerdì 4 marzo 2016

“Zootropolis”: l’emozionante poliziesco animato targato Disney


di Silvia Sottile

La Disney, dopo i successi (e gli Oscar) di Frozen e Big Hero 6, torna a raccontare un mondo popolato esclusivamente da animali antropomorfi, che tanto ricordano i protagonisti di Robin Hood (1973). Il cinquantacinquesimo classico animato della nota casa californiana è ambientato a Zootropolis (da qui il titolo del film), moderna metropoli multietnica, in cui ognuno può realizzare i propri sogni ed essere ciò che vuole.

Questo è almeno ciò in cui ha sempre creduto Judy Hopps, piccola ma coraggiosa coniglietta proveniente da Tana dei Conigli, che nonostante le piccole dimensioni è riuscita a diventare un poliziotto. Si renderà però ben presto conto che la vita all’interno del corpo di polizia, dominato da animali grandi e grossi, non è affatto facile. Il capitano Bogo la relega ad ausiliare del traffico, finché Judy, un po’ per caso, un po’ per caparbietà, si ritrova ad indagare sulla scomparsa di una lontra ed ottiene le famose 48 ore per risolvere il caso o dare le dimissioni. Ad aiutarla in questa indagine ci sarà Nick, una volpe truffaldina che vive di espedienti, ma dal cuore d’oro. I due, assolutamente complementari, riusciranno pian piano a scoprire importanti indizi e a superare i rispettivi pregiudizi iniziali. 

Zootropolis, prodotto da Clark Spencer e diretto da Byron Howard e Rich Moore, presenta alcune caratteristiche dei vecchi classici Disney, unite a spunti davvero innovativi e moderne idee rivoluzionarie, specie se si pensa che si tratta di un film per i più piccoli, probabilmente (a detta degli stessi film-makers in sede di conferenza stampa) sarà il primo poliziesco a tutti gli effetti che i bambini si troveranno a vedere. Tanti i riferimenti  a pellicole noir o detective movie come L.A. Confidential,  Chinatown, Arma Letale, 48 ore o  Beverly Hills Cop (oltre naturalmente a Basil l’investigatopo, sempre di casa Disney) che sono stati di ispirazione. I richiami più evidenti, la cui comprensione è riservata prettamente al pubblico adulto, sono a Il Padrino e Breaking Bad (chicche davvero impeccabili).  Mentre la gag in assoluto più divertente, per grandi e piccini, è indubbiamente quella della motorizzazione (in cui lavorano solo bradipi, in omaggio alla lentezza non solo americana ma della burocrazia in generale) già in parte anticipata dal trailer. Il bradipo Flash è destinato a diventare un cult.

La cosa più incredibile è infatti la caratterizzazione dei personaggi, sia dal punto di vista psicologico che visivo, rappresentati con le loro reali proporzioni. I dettagli grafici lasciano davvero senza fiato, in perfetto stile Disney. Notiamo, come di consueto, un’accuratezza dei particolari che rasenta la perfezione: colori vivaci e sgargianti o bui e pacati a seconda delle diverse zone della città che rispecchiano i diversi habitat costruiti per gli animali che le abitano. Tutta l’architettura di Zootropolis è spettacolare e mozzafiato, suddivisa in quartieri su misura (ad esempio Little Rodentia, Piazza Sahara, Foresta Pluviale o Tundratown) e addirittura i mezzi pubblici hanno porte di grandezza differente per consentire l’ingresso a tutti gli animali. Perché a Savana Centrale, il centro della città, convivono pacificamente animali grandi e piccoli, prede e predatori. Ed è questo anche il fulcro del film: si tratta di un poliziesco animato per bambini ma ricco comunque di importanti sotto-trame, a partire dal messaggio  fondamentale contro i pregiudizi e a favore dell’integrazione. 


Quello che abbiamo davanti non è però un monodimensionale mondo utopico, come potrebbe sembrare all’apparenza, tanto che viene chiaramente messa in atto (e denunciata) la strategia della paura, ma di un mondo in cui con coraggio e autodeterminazione si possono cambiare e migliorare le cose, partendo dal migliorare se stessi. In un periodo storico in cui purtroppo aumenta la diffidenza verso chi è diverso e di conseguenza la paura porta a razzismo e pregiudizi, Zootropolis veicola l’importante concetto che la convivenza pacifica tra prede e predatori, animali grandi e piccoli, razze ed etnie diverse, è possibile. L’esempio di Judy è rivolto anche ai bambini: con coraggio e dedizione si possono realizzare i propri sogni o almeno, più prosaicamente, i propri progetti ed obiettivi. Emblematica è la bellissima canzone di Shakira, Try Everything, cantata da Gazelle (il personaggio a cui la popstar presta la voce nella versione originale) proprio nel momento in cui Judy compie il suo viaggio verso Zootropolis. A tal proposito apriamo una piccola parentesi sul doppiaggio italiano. Da un po’ di tempo va di moda affidare le voci a personaggi noti del mondo dello spettacolo, i cosiddetti talent. Fortunatamente in questo caso si tratta di ruoli secondari che possono anche risultare simpatici (Diego Abatantuono, Teresa Mannino, Frank Matano, Nicola Savino, Paolo Ruffini) mentre nei ruoli principali troviamo doppiatori professionisti (Alessandro Quarta, Ilaria Latini, Ilaria Stagni, Massimo Lopez, Leo Gullotta, Alessandro Ballico).



Zootropolis, nelle nostre sale dal 18 febbraio (con molto anticipo rispetto alla distribuzione USA prevista per il 4 marzo), è l’ennesimo gioiellino targato Disney. Film delizioso per tutta la famiglia, divertente, appassionante, con spunti di riflessione e ricco di emozioni. Consigliatissimo.

martedì 1 marzo 2016

“Onda su Onda”: malinconica commedia musicale



di Silvia Sottile   

Rocco Papaleo, alla sua terza regia dopo Basilicata coast to coast e Una piccola impresa meridionale, naviga verso altri orizzonti. Onda su Onda è infatti un viaggio (sia reale che metaforico) su una nave mercantile verso l’Uruguay. Eppure, come ci spiega lo stesso regista in conferenza stampa, il piccolo paese sudamericano tanto gli ricorda la sua Basilicata, ed è proprio questo il motivo che lo ha spinto fin là per ambientare il suo film, trovando tra l’altro una folta comunità italiana e uno spirito affine.

Ma la storia, come dicevamo, inizia in mare. Gegè (Rocco Papaleo) è un cantante confidenziale che non ce l’ha fatta, fallito ed egocentrico, che dopo oltre trent’anni viene richiamato a Montevideo per tenere un concerto che potrebbe rilanciare la sua carriera. Sulla nave che lo porta in Uruguay si scontra spesso con Ruggero (Alessandro Gassmann), l’introverso, ombroso (e anche un po’ filosofo) cuoco di bordo, che, imbarcato da 4 anni, si rifiuta di scendere sulla terraferma. Un improvviso calo di voce di Gegè, impossibilitato a cantare, convince Ruggero a prendere il suo posto ma questo scambio non sarà il solo equivoco. Infatti nella capitale uruguagia li attende Gilda Mandarino (Luz Cipriota), la donna che organizza l’evento, ma non tutto è come sembra e anche la ragazza nasconde un segreto. Tra imprevisti e colpi di scena le cose non vanno come dovrebbero andare, eppure Gegè e Ruggero, prima così distanti, si scoprono molto più simili del previsto. 

Generalizzando si tratta infatti della storia di due uomini frustrati (un po’ come tutti noi, in fondo) che non vivono la vita ma un insieme di circostanze li porterà ad avvicinarsi e a riflettere su cosa sia davvero importante. La trama è improbabile, a tratti surreale ma è proprio quest’atmosfera sospesa che dona un fascino particolare alle vicende narrate, un che di incompiuto che riesce a coinvolgere. Papaleo, con questo suo stile di regia e scrittura fuori dai canoni riesce a tirar fuori un film godibile, una commedia che mescola abilmente il dolce e l’amaro. Il tono è fondamentalmente malinconico, con inaspettati guizzi comici dai tempi perfetti. Forse funziona meglio a bordo della nave rispetto alla parte a Montevideo, ma nell’insieme il filo invisibile che lega la storia segue un suo percorso logico.
Entrambi i protagonisti sono calati bene nei rispettivi ruoli,  l’affiatamento tra i due è palese, essendo amici di lunga data ed avendo già lavorato insieme ad esempio nel già citato Basilicata coast to coast. Senza dubbio Alessandro Gassmann emerge maggiormente e rivela ancora una volta il suo spessore da primo attore. Dà l’impressione di diventare sempre più simile al padre e lo ricorda molto. Luminosa  e frizzante la presenza della bella e solare Luz Ciprota, attrice argentina al suo esordio cinematografico in Italia, davvero una gradevole sorpresa. Esilarante il personaggio interpretato da Massimiliano Gallo (il Comandante De Lorenzo, con l’ansia da naufragio) a cui è affidato il grosso della comicità.
La scelta di girare su una nave e in Uruguay è molto originale e di non facile realizzazione eppure viene ben ripagata dalla particolare atmosfera che creano le distese azzurre e infinite del mare e poi l’architettura di Montevideo, ben valorizzata dalla splendida fotografia di Maura Morales. Certe immagini entrano nell’anima.
Le musiche sono assolutamente protagoniste e accompagnano piacevolmente tutto l’evolversi della trama, emozionando fin dall’apertura su note e parole di Bella Ciao. Non manca, come si può ben immaginare dal titolo, la canzone Onda su Onda di Paolo Conte, interpretata da Gegè/Papaleo e la sua orchestra di marinai.

Onda su Onda, al cinema dal 18 febbraio, è una commedia malinconica e commovente in cui si ride e si riflette. Va anche più in profondità di quanto possa sembrare, in una sorta di metafora esistenziale che parte da un incontro di vite sospese.